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Elezioni e referendum, l’accoppiata polacca in stile Orbán

Elezioni e referendum, l’accoppiata polacca in stile OrbánComizio elettorale del Pis con Jarosław Kaczynski a Sandomierz, Polonia – Ap

Oggi alle urne Propaganda e odio anti-migranti, il partito di Jarosław Kaczynski insegue il terzo mandato. Nei sondaggi a tallonare il Pis, i liberali di Piattaforma civica dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 15 ottobre 2023

La Polonia va oggi alle urne per scegliere i propri rappresentanti alle camere. Le redini del paese sono ininterrottamente nelle mani della destra populista di Diritto e giustizia (Pis) dal 2015. Il partito di Jarosław Kaczynski dovrà vedersela in primis con i liberali di Piattaforma civica (Po) dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Buona parte degli ultimi sondaggi, danno Pis e Po intorno al 30% delle preferenze (con il Pis in leggero vantaggio).

PER CAPIRE MEGLIO la strategia del governo che punta a perfezionare la democrazia illiberale a Varsavia vale il detto «I polacchi e gli ungheresi sono fratelli, sia di spada sia di bottiglia». Proprio come Viktor Orbán in occasione delle legislative del 2022, Kaczynski ha deciso di organizzare un referendum lo stesso giorno delle elezioni. In quell’occasione a Budapest il quesito sulla legge contro la «promozione dell’omosessualità» non ha raggiunto il quorum. Poco importa anche perché Fidesz, il partito di Orbán, quelle elezioni le ha vinte. La spauracchio scelto da Kaczynski per mobilitare il proprio elettorato, e magari ingraziarsi qualche indeciso, è invece quello dell’immigrazione: «Siete favorevoli all’ammissione di migliaia di immigrati clandestini dal Medio Oriente e dall’Africa nell’ambito del meccanismo di ricollocazione forzata imposto dalla burocrazia europea?», è uno dei 4 quesiti della consultazione. L’opposizione naturalmente invita a boicottarla.

Per chiedere di non partecipare bisognerà dichiarare agli scrutatori che non si intende prendere parte al quesito referendario. «Presentare i migranti come minaccia potenziale alla sicurezza della Polonia nei materiali elettorali, media tradizionali e reti sociali conduce alla disumanizzazione e alla stigmatizzazione di questa categoria di persone», si legge in un appello firmato da oltre un centinaio di personalità del mondo accademico del Paese sulla Vistola.

A INCENDIARE IL DIBATTITO nazionale nelle ultime settimane la diatriba intorno alla pellicola The Green Border di Agnieszka Holland, presentata quest’anno alla Mostra del cinema di Venezia, sui respingimenti di migranti al confine con la Bielorussia. Numerosi esponenti del governo si sono scagliati contro l’opera «antipatriottica» di Holland senza però essere andati in sala. Holland sarebbe colpevole, a detta del Pis e del «superministro alla giustizia» Zbigniew Ziobro di denigrare ogni tipo di divisa in Polonia. Il presidente polacco, Andrzej Duda del Pis, ha addirittura rispolverato lo slogan «Soltanto i porci vanno al cinema», utilizzato per i film di propaganda nazista proiettati in Polonia durante l’occupazione tedesca.

È UNA POLEMICA che il Pis e i suoi alleati avrebbero montato ad arte per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dallo «scandalo dei visti». Secondo un’inchiesta del portale Onet.pl dal 2021 il governo avrebbe venduto, o comunque agevolato, il rilascio di migliaia di visti a cittadini asiatici e africani attraverso degli intermediari sospetti.

ANCHE METTENDO DA PARTE le clamorose dimissioni del capo dello stato maggiore e di quello delle operazioni dell’esercito annunciate questa settimana, il governo targato Pis ha ben poco di cui potersi vantare in materia di sicurezza interna. Un rapporto della Straz Graniczna (Sg), la polizia di frontiera in Polonia, reso noto dal quotidiano Gazeta Wyborcza, rivela tutte le falle dei 186 chilometri di filo spinato e del sistema di videosorveglianza installati lungo la frontiera con il vicino bielorusso. I dati che vengono da Berlino parlano chiaro. Altrimenti come spiegare i circa tredicimila migranti che si sono rivolti alla polizia tedesca da gennaio di quest’anno dichiarando di essere transitati in Russia e Bielorussia?

INTANTO IL REFERENDUM nasconde un’altra insidia soprattutto per gli oltre seicentomila polacchi che voteranno all’estero, e non necessariamente per il Pis. E non si tratta soltanto delle file decametriche alle urne. In alcuni seggi di Germania, Regno Unito e paesi scandinavi c’è il rischio serio che non si riesca a completare lo spoglio nei tempi massimi consentiti dalla legge. I voti non conteggiati nelle 24 ore successive alla chiusura dei seggi vengono infatti dichiarati invalidi. E la presenza delle schede referendarie non fa altro che aumentare il carico di lavoro per gli scrutatori.

In Italia polacchi e polacche avranno a disposizione due seggi a Milano e Roma ma si potrà votare anche a Bologna, Cagliari, Napoli e Palermo. Chi uscirà vincitore dalle urne? Molto dipenderà anche dalle preferenze che otterranno le coalizioni Lewica (Sinistra) e Trzecia Droga (Terza Strada), quest’ultima formata dai centristi di Polska 2050 e dai ruralisti del Partito Popolare Polacco (Psl). E anche dai loro risultati che passa l’eventuale nascita di un governo di coalizione anti-Pis.

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