Internazionale

Ecuador, l’erede di Correa contro l’erede delle banane

Ecuador, l’erede di Correa contro l’erede delle bananeSoldati con il viso coperto sorvegliano le schede elettorali per le presidenziali a Duran, in Ecuador – Ap /Martin Mejia

America latina Presidenziali tra la delfina dell’ex presidente e il rampollo della dinastia imprenditoriale. Centomila soldati e poliziotti ai seggi di un paese pacifico che i narcos hanno reso molto violento

Pubblicato circa un anno faEdizione del 15 ottobre 2023

Oggi più di tredici milioni di ecuadoriani si recheranno alle urne per decidere chi li governerà per il prossimo anno e mezzo, dopo che il presidente Guillermo Lasso ha sciolto l’assemblea e convocato elezioni anticipate. A contendersi il ruolo sono Luisa Gonzaléz, del partito di sinistra populista della Rivoluzione Cittadina (Rc), e il centrista Daniel Noboa, trentacinquenne figlio di una delle corporazioni più importanti di tutto il paese.

Negli ultimi giorni di campagna elettorale, i due candidati hanno percorso in giubbotto antiproiettile le provincie di Quito, Guayaquil, Cuenca e Manabì, alla caccia di quei 5,1 milioni di elettori che non hanno votato per loro durante la prima tornata elettorale.

AD APRIRE le danze nella capitale è stato Noboa, con una carovana in macchina che si è snodata dal sud di Quito fino ai palazzi dirigenziali. A farla da padrone tra i suoi sostenitori è il desiderio di qualcosa di innovativo. «Porta delle nuove idee e dei nuovi ideali, rivolti soprattutto ai giovani», dice al manifesto Yadira Tindila, 18 anni, attratta dalla promessa di catturare gli investimenti di imprese straniere. Noboa poi è sostenuto dal voto anti-correista, che vede l’ex presidente della Rc Rafael Correa come il fumo negli occhi. «Ho lavorato per 34 anni nella polizia nazionale, e conosco bene i danni che ha fatto la Rc», spiega il sessantatreenne José Galo, che al primo turno aveva votato per un altro partito.

GONZALÉZ ha invece scelto il quartiere del Transito al sud di Quito per chiudere la campagna elettorale. «Questa domenica non è solo un’altra elezione, non abbiamo mai avuto un paese così a pezzi», ha esordito di fronte a migliaia di persone si sono riunite sotto la pioggia battente. I militanti della Rivoluzione Cittadina sono arrivati da tutta la città in pullman organizzati dalle singole sezioni e sono ben visibili per le giacche blu con la sigla R5. Tutti loro rivendicano l’eredità dei dieci anni di governo di Correa a testa alta. «Io sono cresciuta con i libri e le colazioni a scuola volute da lui», racconta al manifesto Alison, 23, che si è appena laureata in affari internazionali ma non trova lavoro. Tutti hanno la sensazione di essere parte di un progetto forte e strutturato, cosa che rinfacciano al loro contendente. «Sappiamo che dietro Luisa c’è Correa, non è un segreto. Invece, dietro Noboa non siamo nemmeno certi di chi ci sia», dice Diego Miranda, 35 anni, insegnante di inglese.

TUTTI PERÒ concordano su come la sicurezza sia la priorità. Un tempo uno dei paesi più pacifici dell’America latina, l’Ecuador potrebbe diventare il terzo più violento, dopo Honduras e Venezuela. Nei primi sei mesi dell’anno, ci sono già stati 4374 omicidi, circa 19 al giorno. E anche durante la recente campagna elettorale non sono mancati i momenti drammatici, con l’uccisione del consigliere comunale Bolívar Vera nella città di Duran e l’esplosione di due autobombe a Quito, che fortunatamente non hanno mietuto vittime.

Ma è ancora l’assassinio del candidato anticorruzione Fernando Villavicencio, avvenuto lo scorso 9 agosto al termine di un comizio, a proiettare un’ombra sul dibattito elettorale: la settima scorsa, infatti, sette degli imputati sono stati uccisi in carcere prima che potessero affrontare il processo. Circa 100mila tra soldati e poliziotti presidieranno i seggi.

Per combattere la dilagante violenza dovuta all’espandersi del narcotraffico, Noboa vuole creare una centrale di intelligence che coordini le indagini. Gonzaléz invece intende militarizzare confini e carceri. Entrambi vogliono aumentare i finanziamenti per le forze dell’ordine.

MA DOVRANNO fare i conti con i limiti del bilancio pubblico: secondo il quotidiano La Hora, il debito pubblico – cresciuto sotto i governi di Correa – si attesterà a 81 miliardi di dollari a fine anno. Entrambi aprono però alla possibilità di attingere alle riserve internazionali del paese.

Ora spetta agli ecuadoriani scegliere quali soluzioni portare avanti. Gonzaléz è uscita trionfante dal primo voto con il 33% delle preferenze, ma i sondaggi durante la seconda tornata hanno dato Noboa in vantaggio. Alcuni esperti sostengono però che nelle ultime settimane la candidata abbia lentamente rimontato. Fra poche ore si saprà chi ha ragione.

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