La telefonata è avvenuta nel pomeriggio: Mario Draghi ha parlato con Volodymyr Zelensky dell’evoluzione sul campo e degli aiuti richiesti dall’Ucraina. Il presidente del consiglio, trapela da Palazzo Chigi, ha ribadito «pieno sostegno» del governo italiano a Kiev e alla ricerca di una soluzione della crisi. «Siamo grati per il coinvolgimento dell’Italia nelle indagini sui crimini contro l’umanità commessi dalla Russia. Apprezziamo anche il sostegno per rafforzare le sanzioni contro l’aggressore», twitta il presidente ucraino, che ringrazia per l’accoglienza a centomila profughi e per l’appoggio alle sanzioni contro la Russia e poi fa riferimento al «coinvolgimento dell’Italia sui futuri accordi per la sicurezza dell’Ucraina».

DRAGHI INCONTRERÀ Joe Biden alla Casa Bianca il 10 maggio. Enrico Letta lo avverte: «Penso che a Biden, l’Italia e i paesi europei debbano dire: noi facciamo la nostra parte, sanzioni, ma guidiamo noi questo percorso. Non possiamo immaginare che gli europei stiano al traino». Per il momento la questione da affrontare nella maggioranza è quella degli aiuti militari, dopo che il Movimento 5 Stelle ha chiesto che non si intensifichi l’escalation e che l’invio di armi all’Ucraina resti dentro il perimetro disegnato dalle Nazioni unite sul diritto dei paesi aggrediti alla legittima difesa. Ergo: Giuseppe Conte ancora ieri ribadiva la differenza (in verità tutt’altro che chiara) tra «armi offensive e armi difensive». Questa posizione per il dem Andrea Marcucci «molto sbagliata e molto preoccupante». Il decreto interministeriale del governo al momento si mette sulla scia di quello precedente, dunque non dovrebbe richiedere un passaggio parlamentare se non dal Copasir, dove viene presentata la lista secretata degli armamenti da spedire sul fronte. Non si esclude, tuttavia, la possibilità che dal governo venga fuori un altro provvedimento, che rispecchi il contesto mutato degli ultimi giorni e fotografi un nuovo tipo di sostegno militare.

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QUI CADE la discriminante posta dai 5 Stelle, che nella sostanza viene condivisa da un altro esponente democratico come l’ex ministro e deputato Graziano Delrio. «Il parlamento ha autorizzato l’invio di armi a scopi difensivi – dice Delrio a Radio Popolare – Conoscendo la correttezza del presidente del consiglio Draghi e del ministro Guerini, se ci fosse un cambiamento di prospettiva ci sarebbe una discussione in parlamento, ad oggi continuiamo a ritenere che ciò che è stato stabilito non è stato variato». Per Delrio, «è il momento di dare forza alla politica e alla diplomazia, non alla forza delle armi e questo è l’imperativo che tutto il Partito democratico sta sollecitando al governo: bisogna aprire una fase nuova, che non sia quella di una escalation, ma di una soluzione di sicurezza e di pace per tutta l’Europa». L’esponente del Pd critica apertamente la «linea inglese» che conduce all’escalation.

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PROPRIO IERI mattina Conte è andato a far visita all’ambasciatore britannico in Italia Ed Llewellyn. «Nel corso del colloquio ho potuto rappresentare la preoccupazione del M5S per le tensioni internazionali di questi mesi – riferisce il leader M5S – Dobbiamo sostenere l’Ucraina indirizzando azioni e sforzi verso una soluzione politica». Sono giorni in cui la diplomazia internazionale si affianca a quella più spicciola: si cerca ancora una soluzione per Vito Petrocelli. La giunta del regolamento di Palazzo Madama si è chiusa con un nulla di fatto. Il presidente della commissione esteri del Senato non pensa a dimettersi e lamenta il «silenzio di Grillo» nei suoi confronti. Il fondatore, in ogni caso, ha pubblicato sul suo blog (da poco legato ufficialmente al M5S da un accordo economico) un testo che propaganda la politica estera cinese come alternativa a quella percorsa dalla guerra: uomini d’affari invece di militari e carri armati.

A PROPOSITO di milizie: tra gli effetti collaterali della guerra c’è anche la revisione del modello delle forze armate secondo criteri interamente professionali, approvata ieri alla Camera all’unanimità in prima lettura e affidata al governo con una delega. Una legge del 2012 prevedeva la riduzione delle dotazioni organiche a 150.000 unità, ma il ddl passato ieri stabilisce una proroga al 2033. Una procrastinazione, dice il ministro della difesa Lorenzo Guerini «in linea con l’evolversi del quadro geopolitico internazionale».