Il rettore dell’università di Messina Salvatore Cuzzocrea, si è dimesso e decade automaticamente anche dalla presidenza della Conferenza dei rettori universitari italiani. Cuzzocrea è medico e professore ordinario di farmacologia. Su di lui gravano i sospetti sui due milioni di euro ricevuti come rimborso spese dall’ateneo durante il suo rettorato. 

Per difendersi, Cuzzocrea ha citato l’enorme attività scientifica che giustificherebbe quelle spese: «L’entità dei rimborsi – ha spiegato il rettore prima delle dimissioni – è legata all’entità della ricerca: 261 pubblicazioni in cinque anni, oltre 20 professori, altrettanti dottorandi e assegnisti nel gruppo». In realtà questa linea difensiva rischia di rovesciarsi in un nuovo capo di accusa a suo carico. Moltissime ricerche firmate dal Rettore, infatti, conterrebbero immagini «riciclate». Il caso è simile a quello scoperto da il manifesto riguardo il ministro della salute (e anche lui ex-rettore) Orazio Schillaci. Si tratta di fotografie identiche realizzate al microscopio e usate più volte per illustrare esperimenti diversi. La sostituzione di un’immagine può accadere per errore. Ma quando si verifica troppe volte il dubbio della comunità scientifica è che si tratti di frodi.

A scovare le immagini sospette stavolta non è stato un giornalista ficcanaso ma il «popolo della rete». Le segnalazioni sono pubblicate sul sito pubpeer.com, una sorta di Wikileaks per scienziati in cui si documentano le ricerche con evidenti problemi di plagio o di manipolazione di dati. Riguardano ben 117 pubblicazioni scientifiche firmate da Cuzzocrea e contenenti immagini troppo simili tra loro per riferirsi agli esperimenti illustrati. In diversi casi si tratta di ricerche selezionate tra i «progetti di rilevante interesse nazionale» e finanziate con fondi pubblici per il loro presunto elevato valore scientifico.

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Ad aver raccolto il corposo dossier è un esperto che preferisce rimanere anonimo e che su Pubpeer si fa chiamare «Aneurus Inconstans». Non è una «talpa» che vuole vendicare qualche torto subito, spiega al manifesto: vive all’estero, lavora per un’azienda chimica ma conosce il mondo della ricerca per via di una passata carriera accademica. E, come molti ricercatori, è sempre più allarmato dal numero di frodi scientifiche in cui si imbatte quotidianamente spulciando le pubblicazioni. Anche lui fa largo uso dell’intelligenza artificiale per scoprire le immagini riciclate. Collabora con l’ucraino Leonid Schneider, blogger e giornalista scientifico free-lance e autore di numerose inchieste sugli scienziati che «barano» sul suo sito «For Better Science». 

Le accuse a Cuzzocrea sono emerse solo nelle ultime settimane ma hanno già ottenuto alcune conferme. L’ungherese Csaba Szabo, oggi professore di farmacologia all’università di Friburgo (Svizzera) e coautore di uno degli articoli contestati a Cuzzocrea, ha riconosciuto la duplicazione di una figura e ha annunciato il ritiro dell’articolo scientifico. Sulle altre segnalazioni emerse su Cuzzocrea, Szabo ha commentato con Schneider: «Mi pare che molte altre ritrattazioni siano all’orizzonte».

Ci sono diverse analogie tra il caso di Messina e quello che coinvolge il ministro Schillaci, oltre al rango accademico e al campo di ricerca. Innanzitutto, la carriera-lampo: il cinquantunenne Cuzzocrea è diventato ricercatore a ventisette anni di età, associato a trenta, ordinario prima dei quaranta, rettore a soli 46 (nel ruolo che fu già del padre Diego). Con il ministro della salute condivide una prolificità strabordante: in letteratura scientifica compaiono oltre novecento pubblicazioni a suo nome. E anche nel suo caso, gli impegni amministrativi più gravosi non gli hanno impedito di mantenere un’attività scientifica floridissima, al contrario: nel 2022, l’anno in cui si è insediato al vertice della Crui, ha pubblicato ben 57 studi, cioè uno ogni sei giorni, e 48 in 41 settimane nel 2023. Il dubbio che un rettore così impegnato possa essersi fidato troppo dei collaboratori, firmando anche studi in cui non ha dato un contributo decisivo, è lecito. Non sarebbe un’attenuante, perché firmare uno studio a cui non si è contribuito rappresenta comunque una violazione grave del codice etico scientifico. Ma è lo stesso Cuzzocrea a rinunciare a questa possibile giustificazione: nei tre quarti delle pubblicazioni in questione compare infatti come «corresponding author», cioè il ricercatore con le maggiori responsabilità sulla ricerca a cui rivolgersi per chiedere chiarimenti o dettagli.

Cuzzocrea e i suoi collaboratori non hanno dato spiegazioni per le immagini duplicate, né chiesto alle riviste scientifiche che hanno pubblicato le ricerche di correggere eventuali errori. Come nel caso di Schillaci, anche sulla vicenda messinese molti colleghi finora hanno preferito girarsi dall’altra parte piuttosto che chiedere spiegazioni all’interessato. Ma in privato molti ricercatori appaiono poco sorpresi dalle duplicazioni e dal numero delle pubblicazioni. E si dicono rassegnati: «le regole del baronato universitario sono queste e non cambieranno».