La disobbedienza delle ragazze iranianee senza velo ricorda ogni giorno al regime che la nuova generazione non è più disposta a tornare alle condizioni precedenti alla ribellione cominciata dopo la morte di Mahsa Amini nel settembre 2022. Mai in un paese mediorientale l’emblema delle rivendicazioni popolari è stato affidato alle donne, soprattutto giovanissime.

La brutale repressione, arresti e incarcerazioni, hanno cambiato solo la forma della protesta delle giovani generazioni che continuano a sfidare le istituzioni religiose del paese anche adesso che i riflettori del mondo non illuminano la loro causa.

L’AUMENTO vertiginoso delle ragazze e donne senza velo, negli ultimi mesi, ha suscitato la contrarietà e l’ira degli ultraortodossi. Sono piovute da tutte le moschee e le istituzioni intimidazioni e minacce, alcune volte al limite del ridicolo.

Sono state adottate nuove misure: i commercianti sono stati obbligati a controllare il velo delle loro clienti, pena la chiusura dell’attività; i taxi rischiano il ritiro della licenza se la passeggera non ha il velo; banche, strutture pubbliche, aeroporti offrono i loro servizi solo a chi ha il velo.

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Un membro del parlamento ha proposto una multa pari a 60mila euro e cancellazione della patente di guida e del passaporto per chi trasgredisce. Ahmad Alam Al-Hoda, potente figura ultraconservatrice, ha detto che se le autorità di sicurezza non possono garantire l’osservanza del velo, i «fedeli» devono affrontare i trasgressori.

Tali parole hanno portato i teppisti e le folle che sostengono il governo e l’hijab obbligatorio allo scontro con le cittadine in metropolitana, negli autobus e i luoghi pubblici.

Il video di un folle che rovescia un contenitore di yogurt sulle teste di una ragazza e sua madre, colpevoli di non avere il velo, è diventato virale e ha provocato milioni di reazioni di sdegno anche nell’ambito dei conservatori.

MOLTI CONSERVATORI aspettavano un cenno del leader Khamenei per mitigare la situazione. Ma pochi giorni fa la Guida suprema ha affermato l’intransigenza del sistema e ha detto che la rimozione dell’hijab «politicamente e religiosamente è proibito».

È chiaro che la questione del velo non è più solo religiosa, sociale e di costume, ma è diventata una sfida esistenziale per il regime teocratico.

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Agli occhi dei cittadini, il sistema politico è fallito in tutte le prerogative religiose – giustizia, onestà, perdono ecc. – , ora è solo aggrappato al velo delle donne come unico simbolo identitario. Ma si notano contrasti notevoli tra le massime autorità dello stato riguardo la metodologia per affrontare la questione.

Bagher Qalibaf, presidente del parlamento, ha chiesto alla polizia e al sistema giudiziario di occuparsi degli oppositori dell’hijab. Ha detto che dovrebbe essere intrapresa un’azione «deterrente» contro le persone che insistono nell’opporsi. Anche i ministeri dell’Istruzione e della Scienza, Ricerca e Tecnologia hanno annunciato che i loro servizi educativi non verranno più erogati alle studentesse senza velo.

DAL CANTO SUO, Mohseni Ajeei, capo della magistratura, ha ammesso l’inutilità delle punizioni penali, degli arresti e le detenzioni per imporre il velo obbligatorio poiché hanno avuto un alto costo e non hanno raggiunto il risultato desiderato.

Alireza Panahian, capo del «Think tank del leader supremo nelle università», ha affermato in un programma televisivo: «Il popolo deve avere la possibilità di discernimento, non deve solo obbedire. Affinché le persone possano discernere, deve essere data loro l’opportunità di discernere».

È evidente che la disobbedienza delle ragazze e delle donne ha messo in agitazione e gettato nella confusione la potente organizzazione conservatrice del paese.

Dopo la repressione delle manifestazioni le autorità credevano che tutto tornasse come prima ma ora le istituzioni non riescono a trovare una soluzione per affrontare la questione che soddisfi gli ultraconservatori senza ricorrere alla violenza bruta che può essere controproducente e provocare reazioni popolari imprevedibili.