Conferme e sorprese nel decreto sull’ex Ilva uscito dal consiglio dei ministri. Come previsto, il prestito-ponte da 680 milioni del governo ad Acciaierie d’Italia è arrivato. Ma a sorpresa nel testo di “Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale” contiene «anche norme processuali penali per assicurare la continuità produttiva delle imprese di interesse strategico nazionale intervenendo sulla disciplina dei sequestri e su quella in materia di responsabilità penale per tutti gli stabilimenti di interesse nazionale». La norma è l’ennesimo colpo di mano dei vari governo contro le sentenze e le prescrizioni della magistratura e mira a rendere più semplice il dissequestro dell’area a caldo prevista alla fine dell’Aia a settembre 2023.

In attesa del testo definitivo, le associazioni ambientaliste stanno già denunciando lo scempio delle regole.

Nel consiglio dei ministri di ieri sera Adolfo Urso ha illustrato «l’accordo di rafforzamento patrimoniale produttivo» che sottostà al «ricatto» di Arcelor Mittal e della sua amministratrice delegata Lucia Morselli.

Un provvedimento tanto inviso ai lavoratori e i sindacati che da mesi chiedono invece allo stato di diventare socio maggioritario e togliere la guida al gruppo franco indiano. Lavoratori e sindacati che in mattinata a Taranto avevano già deciso la data della loro protesta sotto palazzo Chigi: mercoledì 11 gennaio.

Per quel giorno il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, il presidente della regione Michele Emiliano e tanti sindaci della provincia ionica saliranno in pullman con i lavoratori e i sindacati. Anzi, saranno proprio loro a organizzare il viaggio.

Gli unici contentini concessi da Urso a lavoratori e sindacati sono nella frase fatta trapelare: «I 680 milioni già stanziati saranno utilizzabili per un futuro aumento di capitale». Una formula che sfiora la presa in giro: perché non imporre subito l’aumento di capitale?

In più il ministro delle Imprese e made in Italy «ha annunciato la convocazione del tavolo ex Ilva per il 19 gennaio con sindacati, enti locali, in cui l’azienda illustrerà impegni industriali e occupazionali».

Contentini che non cambiano le decisioni prese in mattinata a Taranto. La rabbia dei lavoratori per una situazione oramai insostenibile – sia dal punto di vista occupazionale con la cassa integrazione per oltre 2 mila lavoratori, sia ambientalmente con il ritorno a livelli altissimi del benzene a Taranto a causa delle mancate manutenzioni da parte dell’azienda – ha portato le istituzioni ad appoggiare i sindacati nella loro idea di essere i primi a protestare sotto palazzo Chigi contro il governo Meloni.

Fiom, Uilm e Usb ieri mattina hanno incontrato gli enti locali nell’aula consiliare della Provincia definendo una linea unitaria per chiedere il cambio di governance rispetto alla gestione «fallimentare» di ArcelorMittal. «È il momento di un decreto salva Taranto, non di altri interventi normativi a favore di ArcelorMittal, per questo manifesteremo in maniera eclatante a Roma l’11 gennaio», ha dichiarato il sindaco e presidente della Provincia Rinaldo Melucci.

In serata Fiom, Uilm e Usb hanno confermato la manifestazione dell’11 gennaio, proclamando per lo stesso giorno anche lo sciopero a Taranto.