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Ddl Sicurezza, contro i migranti l’apartheid della comunicazione

In centro di accoglienza per migranti foto LaPresseIn centro di accoglienza per migranti – foto LaPresse

Commenti Nel Ddl in approvazione, l’art. 32 proibisce di stipulare contratti di telefonia mobile con cittadini di Paesi extra-Ue se non esibiscono il regolare soggiorno in Italia. Siamo alla costrizione alla solitudine e all’attacco diretto a un diritto intimo, profondo di ogni persona. Negarlo per legge ad alcune persone, vuol dire porle fuori dall’umanità

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 24 settembre 2024

Ci sono oggetti – il termine va inteso nella ricchezza semantica che gli attribuiscono le scienze sociali e il sapere psicoanalitico – che si fa fatica a separare dalla pensabilità della donna e dell’uomo contemporaneo. Il telefono ne è il simbolo per eccellenza. Uno slogan pubblicitario della Sip, negli anni Settanta, recitava più o meno così: «Non sei mai solo quando sei vicino a un telefono». Il senso di quella frase oggi vale ancora di più, perché gli smartphone non sono soltanto vicini a noi, ma fanno quasi parte di noi. L’accesso immediato ai social e l’affaccio sempre a portata di mano sulla rete definiscono e ri-definiscono in maniera incessante le relazioni con gli altri e il rapporto con il mondo. Se prima, senza il telefono, potevamo essere più soli, oggi, senza lo smartphone, possiamo addirittura sentirci abbandonati (con tutto quanto c’è di patologico in questa sorta di dipendenza).

La decisiva importanza di questi dispositivi è stata colta dalla psicoanalisi, che ne ha messo in luce il valore di oggetto in grado di modellare l’esperienza psicosociale. Anche il pensiero giuridico è stato costretto a ripensare ai concetti di comunicazione, al fine di verificare l’estensione della libertà di corrispondenza, alle nostre latitudini presidiata dall’art. 15 della Costituzione. La Corte costituzionale, sulla scia dei suoi precedenti e delle pronunce delle Corti internazionali, ha di recente precisato che la garanzia della libertà della corrispondenza – con tutti i suoi corollari – si estende a sms, messaggistica whatsApp e «ad ogni strumento che l’evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini comunicativi, compresi quelli elettronici e tecnologici, ignoti al momento del varo della Corte costituzionale» (170 del 2023)

Si potrebbe dire, pur con il dispiacere di constatare il trionfo del monopolio consumistico sulle vite umane, che è difficile immaginare la vita senza lo smartphone. Non a caso, il digital divide, anche sotto questo profilo, è diventato un problema della democrazia.

I ragionamenti appena svolti consentono di percepire con immediatezza il carattere odioso di una norma contenuta nel DDL Sicurezza (1660) in corso di approvazione in Parlamento. L’art. 32 stabilisce che non possono essere stipulati contratti per la telefonia mobile (pre-pagati o in abbonamento) con i cittadini di Paesi fuori dell’Unione europea senza esibizione del titolo di regolare soggiorno in Italia. Guai all’esercente che dovesse impietosirsi: rischia la chiusura del negozio da cinque a trenta giorni.

Inutile dire che il divieto colpisce tutte quelle persone che siamo abituati a classificare sotto l’etichetta riduttiva di migranti. Sono loro a non poter esibire il permesso di soggiorno. I richiedenti asilo, ad esempio, sono costretti a un iter lunghissimo per ottenere il titolo, dal momento che le loro domande vengono registrate anche ad un anno di distanza da quando mettono piede nel nostro Paese. Nel frattempo, sono costretti a ciondolare in quei non-luoghi che sono i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), prede di un’alienazione che è l’esatto contrario dell’accoglienza.

Ora, con l’entrata in vigore di questa disposizione, quelle persone sono private anche del telefono, della possibilità di comunicare con un genitore, un fratello o una sorella, un figlio, un coniuge, un amore, un amico. Depauperati anche delle opportunità di entrare in relazione, attraverso la rete, con il mondo di provenienza e con quello di destinazione.

Sottrarre alle straniere e agli stranieri senza titolo di soggiorno la facoltà di utilizzare un telefono mobile – anche dei più rudimentali -, visto anche il deserto dei servizi pubblici, significa impedire quasi del tutto la comunicazione con l’esterno. Per tornare agli anni Settanta, è come se, fuori dalle cabine telefoniche di quel tempo, si fosse appeso il disegno di uno straniero con accanto la scritta: «Io non posso entrare».

Inutile dire che, al cospetto della pressione del bisogno di comunicare, tantissime saranno le scorciatoie illegali a cui le persone straniere saranno costrette, dal mercato nero al furto. Solo con un certo senso di vergogna, tuttavia, si può parlare di questa eterogenesi dei fini, di questa conseguenza largamente prevedibile che, però, interessa più la sicurezza del nostro ordine pubblico che la loro sicurezza esistenziale.

Il vero dramma, in modo quasi spietato, è costituito dalla costrizione alla solitudine e dall’attacco diretto a un diritto intimo, profondo, caratterizzante ogni persona e il suo progetto di esistenza. Abbiamo visto che la comunicazione, anche con i nuovi mezzi offerti dalla tecnologia, è necessaria e intrinseca all’essere umano. Negarla per legge ad alcune persone, significa porle fuori dal perimetro dell’umanità.

Detto in maniere descrittiva, senza alcuna illazione sulle intenzioni del legislatore, la norma del DDL Sicurezza, questa volta, pare proprio il tassello di una nuova strategia di “persecuzione dei diritti” degli stranieri, con tutto il plumbeo carico di ricordi e dolore che questa espressione si porta dietro. La salvezza di miti e identità fittizie – la patria, in primo luogo -, in Italia come in Europa, sembra passare di nuovo attraverso la distruzione delle esistenze che non sono la nostra.

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