«Sono un presidente, non sono un sovrano», ha detto Sergio Mattarella il 5 marzo spiegando che il Quirinale non «firma» le leggi, ma le «promulga». E dunque non necessariamente le condivide. Un mondo per invitare a non tirarlo per la giacchetta, da una parte o dall’altra.

Allo stesso tempo il capo dello stato negli ultimi tempi ha comunque lanciato chiari messaggi al governo e alla maggioranza, senza contravvenire al proprio ruolo.

Dopo le manganellate del 24 febbraio scorso agli studenti di Pisa, Mattarella ha chiamato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per sottolineare che «l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni». E, ha aggiunto con nettezza, «con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento».

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Nei giorni scorsi il presidente è intervenuto anche sulla caso della scuola di Pioltello che aveva deciso di chiudere in occasione della fine del Ramadan, provocando l’immediata reazione scomposta della Lega e del ministro Valditara.

«Apprezzo il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo»: questa la risposta del capo dello stato alla lettera della vicepreside dell’Iqbal Masih di Pioltello, Maria Rendani.