Il vicepremier ministro dei trasporti Matteo Salvini precetta lo sciopero generale regolare previsto domani nei trasporti pubblici locali e riduce l’astensione da 24 a 4 ore, i sindacati di base rilanciano un’altra protesta il 15 dicembre. «Rifiutiamo la riduzione illegittima e sfidiamo il Ministro anti-sciopero – sostengono Adl Cobas, Cobas Lavoro Privato, Sgb, Cub Trasporti, Usb Lavoro Privato – Ciò non toglie la gravità di quanto deciso da Salvini». È la seconda volta che accade. La prima: il 29 settembre scorso. Lo stesso sciopero era stato rinviato a domani 27 novembre, con le stesse motivazioni.

Salvini ha ripetuto che a suo avviso ha prevalso «il buon senso»: il suo. Questa locuzione è ricorrente nella sua retorica. Ma è stato un classico, ad esempio, nella vicenda di Margareth Thatcher che invocava la stessa espressione dai significati molteplici per combattere i sindacati. Quello che sta facendo il governo Meloni sia con quelli confederali che con quelli di base.

«Buon senso» indica la finzione della «ragione» in nome della quale Salvini ritiene di garantire un «diritto di sciopero sacrosanto», mentre invece lo svuota dall’interno. «Buon senso» si riferisce anche all’«uomo della strada», il fantasma del populismo. Ed è contrapposto alla rozza ideologia delle masse o, nel caso attuale, ai sindacati che fanno sciopero «nei weekend» o al «lunedì». E penalizzano «milioni di cittadini che devono vedere garantita la loro possibilità di spostamento».

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Si contrappongono così lavoratori e utenti, negando ai primi ogni ragione della loro protesta e ai secondi la possibilità di scoprire lo stesso bisogno nella rivendicazione di più salario (questa è una delle ragioni dello sciopero degli autoferrotranviari). Il «buon senso» di Salvini è inoltre basato sulla minaccia di multe e penalizzazioni contro chi non obbedisce alle sue ordinanze. è di «buon senso» accettare in effetti il taglio di linee e servizi, le contestazioni ai delegati che chiedono più sicurezza. Insomma Salvini si mette al servizio delle associazioni datoriali in vista della prossima campagna elettorale.

Nel caso dello sciopero dei sindacati di base il governo non può usare il parere del garante degli scioperi come si è visto nel caso degli scioperi di Cgil e Uil derubricati da «generali» a «intercategoriali». Per questo Salvini ha fatto ricorso all’articolo 8 della legge 146 del 1990. Il progetto è boicottare una protesta convocata da mesi.

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Il ministro ha auspicato che «le prossime settimane possano servire per promuovere un sereno confronto tra le aziende e i rappresentanti dei lavoratori». L’effetto è stato esattamente l’opposto. «È ormai evidente – gli hanno risposto Usb, Cobas, Sgb, Cub e Adl Cobas – che il problema è diventato politico: accettare la riduzione imposta nell’ordinanza sarebbe a nostro avviso come fare proprio che un ministro consideri il diritto di sciopero alla stregua di una propria concessione ai sindacati, tanto da considerarne “eccessiva” la durata di 24 ore. Sfidiamo il ministro Salvini sul terreno dei diritti costituzionali, oltre che nel merito delle questioni poste dai lavoratori, ignorate dalle controparti datoriali». L’appello è «alla società che si riconosce nella Costituzione» affinché «prenda una esplicita posizione contro questa palese aggressione a uno dei diritti costituzionali più importanti».