«Un ponte per la crescita comune». Il titolo della conferenza Italia-Africa che si apre oggi a Roma è sin qui più o meno tutto quel che sappiamo del piano Mattei, la «grande opera» di politica estera del governo Meloni, il tentativo di «approccio globale» e «non predatorio» ai rapporti tra l’Europa e il continente africano, con l’Italia che si candida a guidare il processo. Saranno quaranta le delegazioni in arrivo dall’Africa, con 25 capi di stato e di governo coinvolti, oltre a svariati ministri, alti funzionari, dirigenti di organizzazioni internazionali di ogni ordine e grado, dall’Ono all’Fmi.

PER LA GIORNATA di oggi è previsto un solo appuntamento di carattere quasi informale, alle 20 al Quirinale, per una cena offerta dal presidente Mattarella. Domani, a Palazzo Madama (con molti senatori furiosi per il «sequestro» dell’edificio da parte del governo: non potrà entrare nessuno, invitati a parte), dopo quella che da programma ufficiale si chiama «foto di famiglia» e dopo l’intervento del padrone di casa, il presidente del Senato Ignazio La Russa, si aprirà la sessione plenaria della conferenza. Oltre agli interventi di Meloni e Tajani parleranno il presidente dell’Unione Africana Azali Assoumani, il presidente ella Commissione dell’Unione Africana Moussa Faki, la presidente del parlamento Ue Roberta metsola, la presidente della Commisione Ue Ursula von der Layen, il presidente del consiglio europeo Charles Michel e la vicesegretaria dell’Onu, Amina Mohammed. Seguiranno, fino al tardo pomeriggio, alcuni incontri bilaterali e cinque sessioni su temi d’interesse comune, come la transione energetica, la lotta al terrorismo, le infrastrutture, la formazione.

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L’OBIETTIVO palese di Meloni è riuscire a posare almeno la prima pietra del suo ponte per l’Africa, sia per posizionamento internazionale (il summit serve anche a lanciare l’annata italiana di presidenza del G7) sia per questioni elettorali: il piano Mattei sarà al centro della campagna per le europee, o almeno così la premier continua a ripetere da diversi mesi. Certo è che l’investimento, per quanto ancora non chiarissimo, è di quelli pesanti: si tratta infatti di mettere l’Italia alla guida del mondo (o almeno dell’Europa) per i futuri rapporti con l’Africa. Il punto interrogativo, come detto, riguarda l’entità di questi rapporti, ma è un problema che casomai si porrà strada facendo. Sul punto già sono arrivati i primi attacchi delle opposizioni. Angelo Bonelli (Avs): «Si scrive piano Mattei ma si legge piano Eni-Meloni, che vuole portare l’Italia ad avere un ruolo predatorio nello sfruttamento delle risorse africane. Infatti dalla conferenza vengono escluse dal tavolo le realtà della società civile africana, i sindacati e le associazioni ambientaliste».

IL PARTERRE dei convitati, in ogni caso, resta di tutto rispetto: von der Layen torna in Italia per l’ennesima volta, un po’ per dovere e un po’ per cementare ancora di più la sua unione con la premier italiana. Sullo sfondo si vede in maniera nitida la futura trattativa sulla nuova maggioranza europea, con la tentazione di coinvolgere anche i Conservatori (guidati proprio da Meloni), staccandoli dal resto dell’estrema destra continentale. La sponda dell’Ue al lancio del piano Mattei è da leggere in quest’ottica. Poi se il ponte reggerà o meno è tutto un altro paio di maniche.