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I paramilitari delle Rsf accusati dell’ennesimo massacro di civili in Sudan

I paramilitari delle Rsf accusati dell’ennesimo massacro di civili in SudanIn fila per il pane a Khartoum – Ap

La guerra dimenticata Orrore nella città assediata di Al-Hilaliya, nello stato di Al Jazirah: «120 persone vittime di uccisioni sommarie». Le truppe di Dagalo intensificano gli attacchi anche nel Darfur, mentre l'esercito riconquista la zona nord della capitale Khartoum. Dopo 18 mesi di combattimenti, tra 40 e oltre 100mila vittime, quasi 11 milioni di sfollati interni o rifugiati nei paesi vicini, nessuna tregua all'orizzonte

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 10 novembre 2024

L’ennesima strage di civili in Sudan risale a questo venerdì nella città di Al-Hilaliya, stato di Al Jazirah, nella guerra che vede contrapposti, ormai da 18 mesi, l’esercito sudanese (Fas), guidato dal generale Abdel Fattah Al-Burhan, alle Forze di Supporto Rapido (Rsf) del generale Hamdane Dagalo (detto Hemetti). Un conflitto che, sebbene meno mediatizzato, ha causato fino ad oggi oltre 40mila vittime – secondo le stime dell’inviato speciale degli Stati Uniti per il Sudan, Tom Perriello, il numero reale supererebbe i 100mila morti – e quasi 11 milioni di sfollati interni o rifugiati nei paesi vicini.

In una dichiarazione ufficiale di oggi il ministero degli esteri ha affermato che la città Al-Hilaliya è sotto assedio da oltre 10 giorni, con le Rsf che hanno causato in soli due giorni la morte di «120 persone attraverso uccisioni sommarie», con altre centinaia di persone – tra cui bambini, donne e anziani – che soffrono per la mancanza di cibo, assistenza sanitaria e per un’epidemia di colera.

Il ministero ha condannato il «crimine atroce» a Al-Hilaliya, affermando che segue un «preciso obiettivo da parte delle Rsf», con massacri e vittime anche nel villaggio di Al-Sariha e in altri 58 villaggi, come «brutale rappresaglia per la defezione di diversi comandanti e combattenti delle Rsf nell’esercito».

Assassini, stupri, umiliazioni collettive, sfollamenti forzati e distruzione di villaggi sono diventate pratiche ricorrenti da parte delle Rsf. Una «strategia» utilizzata dai paramilitari di Hemetti per provocare «un intervento militare internazionale in Sudan per proteggere i civili», evitando così la sconfitta militare e mantenendo il controllo del territorio conquistato fino ad oggi: come nella zona di el-Fula, nel Kordofan occidentale, ricca di giacimenti petroliferi o nel Darfur, con le sue miniere d’oro.

L’aggravarsi della situazione è legata anche ad una controffensiva dei militari sudanesi in tutto il paese con diverse conquiste importanti a Khartoum – sempre oggi le Fas hanno confermato la conquista della parte nord della capitale – nel Kordofan, nello stato di Al Jazirah e nel Darfur.

Le preoccupazioni della comunità internazionale si concentrano proprio in quella regione ed in particolare su el-Fasher, l’unica capitale dei cinque stati del Darfur a non essere nelle mani dei paramilitari di Hemetti, che in questi mesi è diventata l’epicentro del conflitto.

Per l’esercito sudanese la città di el-Fasher – con oltre 2milioni di abitanti di cui 900mila profughi – è una «linea rossa» e l’ultimo bastione delle forze armate e dei loro alleati nel Darfur. Mentre una sua conquista da parte delle Rsf significherebbe perdere completamente il controllo di uno stato essenziale per qualsiasi negoziato sul futuro politico del paese e la possibilità di uno stato indipendente sotto il controllo di Hemetti.

Proprio per questo motivo i paramilitari delle Rsf hanno tentato nuovi attacchi – almeno 70 le vittime tra i civili – questa settimana, colpendo le posizioni dell’esercito nella città, l’aeroporto e bombardando i quartieri orientali della città, con l’ospedale saudita preso nuovamente di mira. In risposta, l’esercito sudanese ha paracadutato, per la prima volta dall’inizio dell’assedio a maggio, soldati sulla città circondata. Oltre ai rinforzi inviati dall’esercito, la forza congiunta – una coalizione di movimenti ribelli del Darfur schierata con l’esercito – ha annunciato di aver ricevuto altre nuove milizie pronte «per respingere definitivamente le Rsf dalla città».

Del resto, quello che appare chiaro è che nessuna soluzione diplomatica sia ormai in grado di arrivare a un cessate il fuoco tra i due schieramenti visto che, ancora la scorsa settimana, il generale Al-Burhan ha chiarito che «una pace sarà possibile solo con la totale sconfitta delle milizie di Dagalo», senza alcuna possibilità di mediazione per un’eventuale tregua che preservi i civili.

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