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Città presa ma trincee pronte, attacchi per un posto al tavolo

Città presa ma trincee pronte, attacchi per un posto al tavoloIl fumo dei bombardamenti russi sopra la città ucraina di Bakhmut – Ap

Crisi ucraina I russi lasciano Kreminna ma scavano difese, lampi di guerra al servizio del futuro negoziato. Il fronte orientale non è «congelato»: i due eserciti sembrano impegnati nel tentativo di guadagnare ogni centimetro di territorio possibile in vista di qualcosa. Ma di cosa?

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 29 dicembre 2022

Uno degli obiettivi strategici ucraini in Donbass potrebbe essere vicino a cadere ma, come a Bakhmut, potrebbe essere tardi. Le notizie dal fronte orientale ucraino ci consegnano uno spaccato molto violento e tutt’altro che «congelato», come molti analisti internazionali avevano ipotizzato nelle settimane scorse.

Al contrario, i due eserciti sembrano impegnati nel tentativo estenuante di guadagnare (o mettere in sicurezza) ogni centimetro di territorio possibile in vista di qualcosa. Già, ma di cosa?

Proviamo a fare chiarezza: Kreminna, cittadina del Lugansk occupata dalle forze russe durante l’offensiva di inizio estate insieme a Severodonetsk e Lysychansk, potrebbe essere presto abbandonata dal comando russo. La notizia è stata diffusa su Telegram dal governatore della regione, Sergiy Haidai, secondo cui i militari nemici avrebbero già abbandonato il campo insieme a diversi civili russi trasferiti in città al seguito delle truppe.

KREMINNA è a circa 30 chilometri a nord-ovest di Severodonetsk, sull’autostrada che porta a Kupiansk e prosegue fino a Kharkiv. Durante la controffensiva ucraina di settembre, Kreminna era stata indicata come obiettivo strategico fondamentale: da lì passava la linea di approvvigionamento dell’esercito russo. Così come avevano già fatto altrove, gli ucraini volevano colpire nelle retrovie per lasciare i reparti al fronte sguarniti e costringerli a ritirarsi per scarsità di cibo, armi e carburante.

Tutto ciò aveva un senso finché gli ucraini premevano con la fanteria sulle posizioni russe e i soldati di Mosca si ritiravano in modo scomposto. Ora, però, il comandante delle forze d’occupazione Surovikin ha fatto predisporre nuove linee di difesa dotate di chilometri di trincee, di postazioni rinforzate, denti di drago e mine anticarro.

NON SAPPIAMO quanto un eventuale ingresso degli ucraini a Kreminna nel breve termine possa costituire una svolta per le sorti della guerra nel Lugansk, ma l’impatto di tale operazione sarebbe senz’altro minore rispetto a due mesi fa. Così come per i russi prendere Bakhmut ora non sarebbe certo la vittoria che avrebbe potuto essere a giugno, al netto del fatto che quest’ultima è costata a Mosca molti più uomini e armi di Kreminna per gli ucraini.

Haidai, nel messaggio, ha anche scritto esplicitamente che «(ora) ci sono due opzioni: spostarsi a Starobilsk, principale centro logistico della regione, o aiutare Bakhmut e dirigersi verso Rubizhne e Severodonetsk». Un’insolita loquacità per un politico che intervistato da noi qualche mese fa a ogni domanda sull’esercito rispondeva «si tratta di informazioni riservate».

La strategia mediatica, lo comprendiamo, si muove in parallelo con quella militare e fa ugualmente parte del conflitto in corso. Inoltre le dichiarazioni di Haidai sono verosimili, gli ucraini dopo Kreminna avrebbero davvero queste due opzioni (tentare la liberazione del Lugansk o dare manforte ai commilitoni di Bakhmut).

Ma lo sa chi segue il conflitto da vicino e chi lo analizza per motivi professionali, che senso ha dichiararlo sui social network? Viene da pensare che il messaggio fosse rivolto alla controparte, una sorta di monito che significa «non ci fermeremo». Ma Surovikin, dal canto suo, ha già fatto sapere che i suoi uomini stanno aspettando. Il «cannibale», soprannominato così dai suoi uomini in Siria, ha dato prova di non avere fretta e di avere una visione ampia, se così si può dire, della guerra.

LO HA DIMOSTRATO a Kherson, dove ha dato l’ordine di ritirata sulla sponda est del Dnipro salvando quasi tutti i 15-25 (a seconda delle stime) mila soldati bloccati sulla sponda ovest e cominciando subito dopo a martellare il lato riconquistato dagli ucraini. A un mese da quella manovra ogni giorno centinaia di civili di Kherson scappano in massa per la disperazione. E, forse, la ritirata di Kreminna potrebbe rientrare nella stessa tattica.

Gli sviluppi dei prossimi giorni saranno importanti ma per ora il Cremlino ribadisce che la pace si discuterà solo a partire dal riconoscimento dei territori occupati come parte della Federazione russa; mentre Kiev assicura che non abbandonerà neanche un villaggio e che «le vittorie sul campo saranno l’unica via alla pace».

Ma l’impressione è che la fretta degli eserciti negli ultimi giorni e le dichiarazioni al veleno dei due governi in guerra siano un modo per avvicinarsi effettivamente a un tavolo negoziale dalla posizione più favorevole possibile sia sul campo sia sullo scacchiere internazionale.

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