Budapest e Bratislava. Nuovo fronte comune in chiave “sovranista”?
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Budapest e Bratislava. Nuovo fronte comune in chiave “sovranista”?

Visegrad e oltre La rubrica sui sovranismi dell'Est Europa. A cura di Massimo Congiu
Pubblicato 10 mesi faEdizione del 19 gennaio 2024

Nei giorni scorsi il primo ministro slovacco Robert Fico, tornato al potere a seguito delle elezioni svoltesi alla fine dello scorso settembre ha dichiarato di concordare con l’Ungheria sulla necessità di ridefinire il programma di aiuti finanziari all’Ucraina da parte dell’Ue.

Musica per le orecchie di Orbán che mesi fa aveva salutato con favore il ritorno di Fico al ruolo di primo ministro e che ora vede in lui un alleato importante nel braccio di ferro con Bruxelles. Un braccio di ferro riguardante diversi aspetti tra i quali, particolarmente attuale, il piano di finanziamenti a Kiev che il mese scorso è stato bocciato dall’”uomo forte d’Ungheria”. Tornando a oggi, va precisato che, dopo i colloqui bilaterali svoltisi a Budapest, Fico ha dichiarato in conferenza stampa di concordare pienamente con Orbán sul tema Ucraina. La somma pensata per il paese in guerra è, com’è noto, di 50 miliardi di euro provenienti dal bilancio comune dell’Unione.

Il premier slovacco ha poi aggiunto di condividere le affermazioni della sua controparte ungherese secondo la quale la guerra in Ucraina non può essere risolta con mezzi militari. È parere di numerosi analisti che il premier ungherese abbia trovato nel potere di veto sui finanziamenti a Kiev uno strumento con il quale ottenere l’accesso ai fondi Ue destinati all’Ungheria ma congelati per le politiche del governo danubiano che secondo Bruxelles violano lo Stato di diritto.

I motivi di preoccupazione da parte dei vertici Ue sono diversi e riguardano, tra l’altro, le sorti dell’indipendenza della magistratura, la libertà di stampa e di diritti della comunità LGBTQ+. Al momento l’Ungheria può avere accesso a 10,4 miliardi di euro, nell’ambito del PNRR, dei quali ha ricevuto solo 920 milioni, e agli 11,5 miliardi di euro dei fondi di coesione.

Per Orbán e per i suoi collaboratori e sostenitori, quello dei fondi è un ricatto di natura finanziaria con il quale costringere il paese ad approvare programmi stabiliti da Bruxelles. A suo avviso sarebbe più opportuno liberare le somme dovute a Budapest prima di istituire il fondo pensato per l’Ucraina. Anche su questo, Fico è d’accordo. Il medesimo ritiene che l’Ungheria stia subendo un’ingiustizia. Trova, infatti, inconcepibile che un paese privato dei fondi in questione dia soldi ad un altro paese.

“Non è equo, non è giusto”, ha detto. Come da noi già più volte specificato, ancora prima delle elezioni slovacche Fico aveva espresso posizioni simili a quelle di Orbán. In particolare, la stampa internazionale aveva riportato quelle ostili alle sanzioni contro la Russia e all’invio di armi in Ucraina. Posizioni che da subito erano diventate motivo di preoccupazione per Bruxelles.

Si pensa che Orbán abbia trovato in lui un alleato, cosa preziosa per il governo ungherese dati gli esiti del voto in Polonia e il ritorno di Donald Tusk al ruolo di capo del governo. In occasione del recente incontro bilaterale di Budapest il primo ministro ospitante ha dichiarato che gli interessi nazionali slovacchi e ungheresi coincidono al 99%. Ha precisato che per entrambi i paesi la sovranità è importante, che nessuno dei due vuole che l’Ue diventi un superstato né che venga legittimata l’immigrazione clandestina.

L’Ungheria di Orbán potrà quindi contare sul sostegno del governo Fico nella “lunga saga” del suo braccio di ferro con Bruxelles? Può darsi; diversi elementi sarebbero a favore di questo scenario, sia le dichiarazioni programmatiche fatte da Fico in campagna elettorale sia quelle risuonate a Budapest. In ogni caso sarà bene ricordare che al vertice del Consiglio europeo, svoltosi lo scorso dicembre, il medesimo ha votato a favore degli aiuti economici all’Ucraina e all’adesione di quest’ultima all’Ue.

L’evoluzione del rapporto attuale tra i due stati merita, comunque, di essere seguito attentamente. Intanto Orbán mostra di volersi giocare fino in fondo la carta del veto per arrivare allo sblocco integrale dei fondi previsti per l’Ungheria anche se l’operazione non è certo semplice. Tra l’altro la settimana scorsa 120 legislatori dell’Ue hanno firmato una petizione per privare l’Ungheria del diritto di voto nei processi decisionali comunitari considerando le reiterate violazioni, da parte del governo del Fidesz, dei valori sostenuti dall’Unione. È prevista una nuova riunione dei leader dell’Ue per il prossimo primo febbraio al fine di trovare un accordo sui finanziamenti all’Ucraina. Il veto del governo arancione è senz’altro un ostacolo ma la Von der Leyen afferma che Kiev avrà quei fondi con o senza l’approvazione dell’Ungheria. La saga continua.

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