Morire proprio il Giorno della Memoria è stato l’ultimo geniale colpo di teatro. Il suo spiccato umorismo ebraico era un altro segno della sua grande intelligenza; non c’era intervento in cui non raccontasse aneddoti spassosissimi: «Sono morto almeno 5 volte. Le prime in gioventù, condannato alla fucilazione, poi durante la resistenza, e infine un anno fa quando i giornali mi diedero per defunto, per una omonimia»: anche in quest’occasione lui si fece quattro risate e ogni volta riprendeva la contagiosa voglia di vivere e di lottare.

CLASSE 1918, è nato da famiglia piemontese ebrea liberale. Bruno Segre ha studiato all’Università di Torino, allievo di Einaudi. Con le leggi razziali gli viene impedito di esercitare la professione forense. Già nel 1942, viene arrestato per “disfattismo politico”, anche per i suoi articoli antirazzisti sulla stampa dei circoli liberali torinesi. Passa tre mesi nelle carceri Nuove ed è lì conosce il meglio dell’antifascismo es incomincia a farsi conoscere (ne scriverà nel libro Quelli di via Asti. Memorie di un detenuto nelle carceri fasciste). Poi dal 1943 si dà alla macchia ed entra nelle brigate di “Giustizia e Libertà”, con il nome partigiano di Elio, agendo soprattutto nel cuneese; raccontava che un repubblichino gli sparò al cuore e solo il portasigarette nel taschino lo salvò, deviando il colpo.

DOPO LA LIBERAZIONE inizia la professione di avvocato. Fu proprio Aldo Capitini a chiedergli di assumere la difesa di Pietro Pinna, il primo obiettori di coscienza politico italiano. Da lì la sua lunga carriera di avvocato «sempre dalla parte giusta», storico difensore dei Testimoni di Geova, lui laico fino al midollo: «Ho difeso centinaia di obiettori in tutti i Tribunali Militari d’Italia: mi convinsi che la nonviolenza è forza non debolezza».

NEL 1949 FONDA il giornale L’Incontro, che dirige, finanzia e diffonde ininterrottamente per settanta anni. Abbraccia le battaglie per i diritti civili dal divorzio alla laicità della scuola; promuove la campagna anticoncordataria e per il fine vita, come presidente dell’Associazione Nazionale Libero Pensiero “Giordano Bruno”. Nella sua vita lunga 105 anni, è stato avvocato, giornalista, intellettuale, politico, militante e rappresentante istituzionale socialista (rompendo con il partito all’avvento di Craxi). Ma è il pacifismo che lo assorbe negli ultimi anni di vita: «Sono sempre stato antifascista e quindi pacifista: da ragazzo fui cacciato dall’aula scolastica perché mi dichiaravo contro la guerra in Etiopia». E contro le guerre di oggi, dall’Ucraina alla Palestina, si è speso fino all’ultimo. Questa volta è morto davvero, ma mai riposo fu più meritato.
* Presidente del Movimento Nonviolento