Bolivia, il 3 maggio le elezioni presidenziali
Bolivia Mas favorito ma le incognite sono tante
Bolivia Mas favorito ma le incognite sono tante
Si terranno il 3 maggio le elezioni in cui, a sei mesi dal golpe contro Evo Morales, i boliviani saranno chiamati a eleggere il nuovo presidente e i nuovi membri del parlamento.
Così ha annunciato il vicepresidente del Tribunale elettorale supremo Oscar Hassenteufel, informando che lunedì verrà reso noto il calendario elettorale. Ma, all’interno del Movimiento al Socialismo, una domanda sorge spontanea: dopo aver fatto tanto per conquistare il potere, i golpisti sarebbero realmente disposti, in caso di sconfitta, a cederlo di nuovo al Mas?
Tuttavia, anche escludendo brogli e irregolarità, per il partito di Morales non sarà facile ritornare al potere: se l’ultimo sondaggio lo pone al primo posto, quale che sia il suo candidato, con il 20,7% dei voti – contro il 15,6% di Jeanine Áñez, che però non è candidata, e il 13,8% di Carlos Mesa – è evidente che al secondo turno, con tutta la destra presumibilmente unita contro il Mas – la musica sarebbe differente.
C’è poi l’incognita costituita da Luis Fernando Camacho e Marco Pumari, i due leader del «movimento civico» risultati decisivi nel colpo di stato, i quali hanno appena raggiunto un accordo unitario, impensabile fino a poco tempo fa, di fronte alla clamorosa rottura tra i due seguita alla diffusione di un audio – si presume diffuso da Camacho – in cui Pumari, in cambio del suo sostegno, chiede al «Bolsonaro boliviano» 250mila dollari e il controllo di due uffici doganali. Lasciatisi alle spalle accuse e veleni, i due hanno ora lanciato la loro alternativa con lo slogan «Dio, Patria, Popolo», contando sulla memoria notoriamente assai corta dell’elettorato.
Che, in ogni caso, il Mas faccia ancora paura lo ha dimostrato l’autoproclamata Áñez, la quale ha posto l’accento sulla necessità di un vertice di leader politici al fine di «evitare la dispersione del voto». Ma se l’idea di un fronte unitario anti-Mas è alquanto remota, assai concreta è invece la strategia diretta a soffocarne le voci. Quella per esempio di 53 radio comunitarie chiuse a partire dal golpe o quella della studentessa Alejandra Salinas, arrestata il 31 dicembre con l’accusa di istigazione alla violenza: la sua colpa quella di lanciare critiche al governo golpista dalla sua pagina Facebook.
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