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Bloody Sunday, una ferita ancora aperta

Bloody Sunday, una ferita ancora apertaDerry, 30 gennaio 1972. I militari britannici nel Bogside – Getty Images

Irlanda del Nord 50 anni dopo i quattordici morti di Derry non sono stati dimenticati. Oggi il paese commemora l'anniversario in un clima velenoso. Ospite sul palco Jeremy Corbyn

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 30 gennaio 2022

Sono passati cinquant’anni dalla più famosa delle domeniche di sangue in Irlanda: il 30 gennaio del 1972. Per le strade del Bogside, l’area nazionalista-cattolica di Derry, si svolgeva una manifestazione per i diritti civili. All’improvviso, un reggimento di paracadutisti britannici ha preso a sparare sulla folla uccidendo tredici civili e ferendone gravemente un altro che sarebbe morto in seguito.

I QUATTORDICI MORTI di Derry non sono stati dimenticati. La loro vicenda è rievocata da canzoni, documentari, libri (ultimo il bellissimo Il piccolo di papà, di Tony Doherty, uscito ora per Nutrimenti). Ma non solo, è risuonata per anni anche nelle aule giudiziarie. A seguito di annose diatribe, mistificazioni, insabbiamenti e depistaggi, la Bloody Sunday Inquiry, voluta da Tony Blair nel 1998, ha ristabilito, più di dieci anni fa, la verità dei fatti. La pubblicazione delle sue conclusioni ha dato adito alla prima richiesta di scuse pubbliche da parte di un ministro britannico, David Cameron, che nel 2010 definì l’operato dei paracadutisti, «ingiustificato e ingiustificabile».

Nonostante ciò, la forza della propaganda britannica che per anni ha descritto la situazione nei termini di una naturale reazione dei militari a un attacco (inesistente) dell’Ira, fatica in certi ambienti a essere accettata. È accaduto persino a Westminster: il 26 gennaio scorso i deputati del Dup (il partito unionista di maggioranza nel Nord, baluardo delle posizioni più oltranziste all’interno del parlamento), hanno vistosamente rumoreggiato quando ha preso la parola il deputato socialista nordirlandese Colum Eastwood chiedendo per l’ennesima volta pubbliche scuse e una condanna dell’operato dei propri soldati, da parte del reggimento dei paracadutisti. L’intervento è stato interrotto dal deputato della contea di Antrim Sammy Wilson al grido di «vergogna», asserendo che «i paracadutisti erano lì a proteggere la popolazione dell’Irlanda del Nord».

NEI GIORNI PASSATI, ma la scena si ripete spesso a ridosso dell’anniversario, nelle periferie di Derry sono state erette bandiere con lo stemma dei parà, per tenere alto l’odio settario e la sfida nei confronti di una realtà incontrovertibile.

In questo clima fervono i preparativi per quello che sarà un anniversario storico della strage. Sono previsti a Derry interventi di grande spessore. Primo tra tutti, il discorso commemorativo nel Bogside per cui ogni anno viene invitata una personalità di statura internazionale. Quest’anno a tenerlo sarà Jeremy Corbyn, ex leader del Labour Party inglese, e da sempre sensibile alla causa irlandese. Durante le ultime elezioni nel Regno Unito, i detrattori fecero circolare sue dichiarazioni a favore di Sinn Féin e Gerry Adams, rilasciate in tempi in cui il partito era instancabilmente definito dai media il braccio politico dell’Ira.

I soccorsi a uno dei dimostranti feriti. I paracadutisti apriranno il fuoco uccidendo 14 persone foto Getty Images

L’ATTESA delle celebrazioni si fa sentire anche nella Repubblica. Il parlamento di Dublino, il 25 gennaio, ha rispettato un minuto di silenzio, e nel Nord, a Derry sarà presente il primo ministro irlandese, Michael Martin, che deporrà una corona al Bloody Sunday memorial nel Bogside e incontrerà le famiglie delle vittime. Ci sarà anche il ministro degli esteri, Simon Coveney. Parteciperà a una cerimonia religiosa assieme alle due leader di Sinn Féin, Mary Lou McDonald e Michelle O’Neill.

Persino il presidente d’Irlanda, Michael D. Higgins, terrà un discorso a distanza, che verrà proiettato durante un evento pubblico a Guildhall Square nel pomeriggio di domenica. Le celebrazioni continueranno con un corteo lungo il percorso allora seguito dai manifestanti attaccati dai parà. Si attendono migliaia di partecipanti, a cui è stato richiesto un comportamento rispettoso delle norme sul distanziamento sociale.

NEL FAMOSO Free Derry Corner, in cui campeggia la scritta «You Are Now Entering Free Derry» (vi hanno reso omaggio giovani romani nel quartiere di Garbatella la settimana passata, erigendone una simile), parleranno attivisti politici da sempre tra i più coinvolti nella lotta per la verità. Tra questi Eamonn McCann e Bernadette Devlin McAliskey.

Verranno recitati come sempre i nomi delle quattordici vittime: Paddy Doherty, Gerald Donaghey, Jackie Duddy, Hugh Gilmour, Michael Kelly, Michael McDaid, Kevin McElhinney, Bernard McGuigan, Gerard McKinney, William McKinney, Willie Nash, James Wray, John Young, di soli diciassette anni, e John Johnston, morto quattro mesi e mezzo più tardi, il 16 giugno del 1972.

E sarà ribadita la richiesta che la giustizia, sull’onda di quanto accaduto grazie all’inchiesta sul Bloody Sunday, possa estendersi a tante altre situazioni simili, in cui apparati militari britannici, in collusione con paramilitari lealisti nord-irlandesi, hanno condotto per anni una guerra sporca che ha causato innumerevoli vittime innocenti. Eventi si sono già tenuti in città del Regno Unito come Liverpool e Glasgow in Scozia, da sempre solidali con le rivendicazioni dei repubblicani irlandesi.

IL CLIMA È RESO tuttavia velenoso anche da tante altre tensioni – non ultime quelle relative al protocollo nordirlandese che dovrebbe evitare il ritorno a un confine duro tra le due Irlande, e le relative minacce del Dup di far naufragare ogni accordo tra Irlanda/Ue e Regno Unito.

Vi si aggiunge, poi, lo spettro degli spettri, per gli unionisti, quello di elezioni che per una volta saranno forse determinanti. Per ironia della sorte, il punto di svolta potrebbe avvenire proprio in una delle date più importanti per la storia dell’Irlanda recente. Si terranno infatti il 5 maggio, anniversario della morte di Bobby Sands, dal cui sacrificio è nato il lungo percorso a ostacoli di un processo di pace che, stando ai sondaggi, potrebbe consegnare il ruolo di primo ministro nordirlandese a Sinn Féin.

È per molti un auspicio di positività, che si accompagna a tante rappresentazioni repubblicane del Bloody Sunday, ispirate non alla vendetta ma alla giustizia, non all’odio ma alla riconciliazione.

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