«A Gaza è genocidio»: arrestato a Londra il prof ebreo Bresheeth
Gran Bretagna L'accusa: incitamento all'odio. Solo l’ultimo caso di persecuzione nel Regno unito e di censure sui canali mainstream
Gran Bretagna L'accusa: incitamento all'odio. Solo l’ultimo caso di persecuzione nel Regno unito e di censure sui canali mainstream
Lo storico, saggista e documentarista angloisraeliano Haim Bresheeth, esperto di media e autore di libri su Israele e Palestina e riconosciuta autorità sull’esercito israeliano, è stato arrestato dalla Metropolitan Police londinese lo scorso primo novembre per essere rilasciato il giorno successivo. L’accusa: incitamento all’odio.
Bresheeth aveva appena parlato a un presidio settimanale davanti alla residenza dell’ambasciatrice israeliana nel Regno unito Tzipi Hotoveli, per protestare contro il genocidio di Gaza e per chiederne la destituzione. Un video ritrae lo studioso reagire incredulo all’accusa degli agenti di aver tenuto un hate speech e dunque punibile secondo il Terrorism Act.
Nel suo intervento aveva detto che Israele non riuscirà a sconfiggere Hamas. Rimane sotto indagine per aver «sostenuto» un’organizzazione bandita. I principali giornali, radio e televisioni nazionali si sono ben guardati dal riportare l’accaduto. Bresheeth, sessantotto anni, è tra i fondatori del Jewish Network for Palestine.
Già vittima della recente bonifica/purga del partito laburista contro l’antisemitismo, si definisce «un professore, autore e regista, un ebreo ex israeliano attivo per oltre un cinquantennio come attivista socialista, antisionista e antirazzista».
È figlio di ebrei polacchi sopravvissuti ad Auschwitz. Sua madre fu liberata dalle forze britanniche a Bergen-Belsen, suo padre dagli americani a Mauthausen. Dopo aver prestato servizio nell’Idf e aver combattuto nel ’67 e nel ’73, diventa un convinto pacifista. Trasferitosi in Gran Bretagna, si iscrive al Labour nel 1970 dove milita contro l’apartheid e per i diritti dei palestinesi.
L’episodio è l’ultimo di una serie che vede, in barba all’equidistanza sul conflitto strombazzata dalle autorità e dai media mainstream, la persecuzione di attivisti e giornalisti schierati contro la mattanza: ad agosto Richard Medhurst (The Grayzone) è stato arrestato a Heathrow con la stessa accusa di Bresheeth; Asa Winstaley (Electronic Intifada) si è visto perquisire la casa a ottobre e poco dopo la giornalista Sarah Wilkinson è stata arrestata anche lei.
«La Bbc mi ha intervistato quattro volte durante le manifestazioni a Londra. Nessuna intervista è andata in onda. Non vogliono sentire quello che ebrei come me hanno da dire», aveva detto Breshreeth, intervistato dal manifesto a giugno.
Il fatto è che la doppiezza istituzionale seguita da tutti i giornali britannici e dalla Bbc nel coprire l’oceano di sangue scaturito dal 7 ottobre è indubitabile. Oltre alla Bbc – il cui corrispondente, Clive Myrie, è stato recentemente contestato dagli studenti durante un incontro in università, di cui è (inspiegabilmente?), divenuto rettore per via della parzialità dei suoi reportage – splende particolarmente il Guardian, che ha recentemente censurato un pezzo della scrittrice palestinese Susan Abulhawa (Ogni mattina a Jenin) fin quando questa non ha deciso di ritirarlo.
Nel giornale serpeggia il malcontento, come anche nella televisione di stato: 230 giornalisti – tra cui un centinaio della stessa Bbc – hanno scritto a Tim Davie, il direttore, lamentando la parzialità pro-israeliana dell’emittente.
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