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«Bene Borrell sulle armi. Ora serve un Energy recovery fund»

«Bene Borrell sulle armi. Ora serve un Energy recovery fund»Joseph Borrell

Effetto Ucraina Intervista a Fabio Massimo Castaldo, parlamentare europeo del Movimento 5 Stelle

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 8 aprile 2022

«Se vogliamo che l’Europa si rafforzi nello scacchiere globale, la strada maestra è agire in modo congiunto evitando inutili duplicazioni e sovrapposizioni». Fabio Massimo Castaldo, parlamentare europeo, già vicepresidente del parlamento e responsabile del settore Europa del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, commenta così le parole di Joseph Borrell sulla spesa militare indiscriminata.

La posizione di Borrell avrà ricadute sul dibattito italiano?
L’autorevolezza delle dichiarazioni di Borrell può ricondurre il dibattito italiano sul piano del merito. Confermano quanto sostenuto dal M5S: occorre spendere meglio e insieme, non operare fughe nazionali in avanti maniera scoordinata. Il centro ricerche del parlamento europeo ha già calcolato che con gli attuali bilanci della difesa dei 27 Stati Ue potremmo recuperare risorse stimate complessivamente intorno ai 45 miliardi di euro annui, reinvestendole quindi per rafforzare la sovranità tecnologica e l’autonomia strategica europea e garantendo, così, maggiore efficienza della spesa pubblica nell’interesse dei contribuenti italiani ed europei.

Avete votato la risoluzione sulle conclusioni del Consiglio europeo che prevede l’embargo alle fonti russe.
È stato un atto di responsabilità per consolidare l’unità d’intenti dell’intera Ue. A livello pratico, però, ridurre la nostra attuale dipendenza non sarà possibile senza un deciso cambio di passo verso una piena comunitarizzazione del settore dell’energia con acquisti e stoccaggio congiunti. Per concretizzare la proposta della risoluzione, dobbiamo mettere in sicurezza cittadini e aziende dai danni collaterali a livello sociale ed economico. Serve un’azione unitaria a livello europeo, a partire dall’imposizione di un tetto al prezzo del gas.

Cos’è l’Energy recovery fund di cui ha parlato Conte qualche giorno fa che avete proposto anche a Strasburgo?
La nostra proposta parte da un assunto fondamentale: non possono essere i cittadini e le imprese a pagare il conto delle sacrosante sanzioni verso la Russia. Pertanto, l’Ue deve istituire un Energy recovery fund finanziato tramite l’emissione di debito comune europeo, come già avvenuto per il Next Generation Eu. Tale fondo punta a conseguire un duplice obiettivo: compensare nell’immediato i costi sostenuti da cittadini e imprenditori a causa del caro bollette, e velocizzare al massimo il raggiungimento dell’autonomia energetica europea attraverso la massimizzazione degli investimenti sulle rinnovabili.

L’Europa sta facendo il possibile per lasciare una via diplomatica al conflitto?
Sin dall’inizio del conflitto l’Ue ha messo in campo cospicui sforzi per trovare una soluzione diplomatica giusta ed equilibrata. Purtroppo allo stato attuale il negoziato appare molto arduo, visto che sul terreno Putin sembra piuttosto voler proseguire questa invasione criminale per imporre la sua agenda con la forza delle armi. L’unica via percorribile sembra essere quella di rendere chiaro al Cremlino che i costi di una soluzione manu militari saranno talmente elevati da essere insostenibili, e dunque l’Ue, oltre alle sanzioni, si è impegnata ad offrire tutto il supporto necessario a Kiev in termini politici, economici, umanitari. E con la fornitura di materiali militari difensivi.

Il M5S in passato ha sostenuto Putin. È una fase chiusa?
Abbiamo sempre condannato le violazioni dei diritti umani e dello stato di diritto da qualunque stato o entità venissero commesse, inclusa la Federazione Russa: alcune improvvide dichiarazioni di qualche nostro eletto a titolo individuale non cancellano la coerenza del nostro approccio contro i doppi standard. Né tantomeno deve essere scambiata col sostegno la nostra volontà di tenere aperto il dialogo, tenendo sempre fermi i valori cardine dell’Ue. Non rinneghiamo questa volontà, la quale risulta peraltro in linea con il principio europeo del ‘selective engagement’, ma alla luce della brutale invasione dell’Ucraina appare evidente come un dialogo strutturato sia attualmente del tutto impraticabile. Ma le ambizioni imperialiste di Putin non coincidono con quelle di tutto il suo popolo. Per questo dobbiamo sostenere con forza la società civile russa tenendo viva la speranza anche di una prospettiva europea, una volta pienamente ripristinato lo stato di diritto nel paese.

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