Il tossico boom della reality tv e della «trash-celebrity di tutti i giorni» fu – molto prima dell’arrivo delle piattaforme e di TikTok- uno dei corollari funesti dello sciopero degli sceneggiatori che paralizzò Hollywood per cento giorni, a cavallo tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008.

È TROPPO presto per sapere quale metamorfosi dell’industria scaturirà dallo sciopero unificato in corso dei sindacati degli sceneggiatori e degli attori, Wga e Sag-Aftra. Ma, nonostante le star hollywoodiane siano letteralmente svanite dal bubble gum mediatico estivo, e a scapito dello sforzo dei repubblicani di trasformare Hunter Biden nello scandalo del secolo, in Usa sembra che si parli solo di cinema. In codice è Barbenheimer, un nome da parodia di un carro armato tedesco o di una birra estera, risultante dall’abbinamento/contrazione tra Barbie e (Robert) Oppenheimer, i protagonisti dei due film più attesi della stagione che, dopo il secondo weekend in sala, sono a pieno titolo sia un fenomeno di botteghino che di cultura.
Riprodotto e celebrato in un numero infinito di meme, gadget (dalle magliette, alle spilline, ai cocktails) e scambi da watercoolers, l’impensabile connubio tra la bambola della Mattel e il papà dell’atomica si consuma in tutte le sale d’America, nelle catene dei multiplex e nelle sale indipendenti; soli o in gruppo, occasionalmente in doppio programma (per un totale di cinque ore e mezzo di film), spesso con visioni multiple. Il rosa è optional. I popcorn scorrono a fiumi. Il tutto esaurito, anche per giorni di seguito, è frequentissimo.

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Barbie, viaggio dal mondo ideale a quello realeCon 774.5 milioni di dollari in biglietti venduti in tutto il mondo Barbie è già balzato al terzo posto degli incassi dell’anno; mentre Oppenheimer (400.5 milioni – ma è un film di oltre tre ore, quindi permette meno spettacoli quotidiani) si sta posizionando come il maggior successo di Christopher Nolan aldilà dei Batman.
Diretti da autori stimati, come Nolan e Greta Gerwig (passata da star del cinema indie a regista da studio con Piccole donne), entrambi i film hanno catturato in pieno quel mix magico – e rarissimo da ottenere – tra qualità artistica e cassetta che è il sogno fondante di chiunque lavori a Hollywood. Certo, in entrambi i casi si tratta di produzioni di altissimo livello, oltre che per autori e interpreti, per tutto il cast tecnico. Aiuta che si tratti di proprietà originali, di visioni fresche, e non delle ennesime incarnazioni di un franchise (attenzione però: il «Mattel Universe» è dietro all’angolo, come anticipato da un prezioso articolo sul «New Yorker»). Ma il fatto che Barbie e Oppenheimer colpiscano al cuore di due grandi temi dello Zeitgeist contemporaneo come il gender e lo spettro della guerra atomica non è un dato irrilevante nel loro successo. Anzi.
La redazione consiglia:
«Oppenheimer», il Novecento dell’America prometeica
BIONDA, abbronzata e un classico simbolo del clima spensierato dell’estate, grazie anche all’astuta campagna che la Warner Bros/Discovery ha organizzato a tappeto nelle proprietà del gruppo, Barbie domina facilmente la dimensione pop dell’immaginario contemporaneo. Se Todd Haynes nel suo capolavoro «maledetto» The Karen Carpenter Story, e Joe Dante con le pseudo Barbie, Gwendy dolls, in Small Soldiers, usavano Barbie in chiave puramente sovversiva, l’interpretazione più letterale da cui partono Gerwig e il co-sceneggiatore Noah Baumbach nella loro rilettura educational/satirica si presta a una decostruzione più sistematica e quindi a un dibattito politico più tradizionale. Così mentre Jessica Bennet, sul supplemento domenicale del «New York Times», racconta di aver portato a vedere Barbie la scrittrice femminista Susan Faludi (Backlash, Stiffed), che ne avrebbe dato una recensione positiva (interpretandolo come una condanna dell’odierna Corte suprema e della sentenza sull’aborto), il senatore texano Ted Cruz accusa il film di Gerwig di propaganda subliminale pro-Cina; la moglie del deputato di estrema destra Matt Goetz (tutta in rosa col marito alla première del film) si dice offesa dal messaggio contro i valori della famiglia, e il commentatore di destra Ben Shapiro, in un delirante video di 43 minuti subito virale, ha massacrato il film e la bambola stessa, dandole fuoco («è il trattamento Oppenheimer» dice soddisfatto mentre Barbie è in fiamme in un cestino della spazzatura, e lui stringe in mano una piccola replica dell’atomica).Il senatore texano Ted Cruz accusa «Barbie» di propaganda subliminale pro-Cina; la moglie di Matt Goetz si dice offesa dal messaggio contro i valori della famigliaIn realtà, la destra ha ben poco da rallegrarsi rispetto ai contenuti di Oppenheimer. Dietro al rigoroso trattamento biografico il film di Nolan nasconde infatti un potente manifesto a favore della funzione pubblica di pensatori e scienziati come Oppenheimer nel contesto di una società civile (il paragone ovvio, in negativo, è la campagna di diffamazione contro Anthony Fauci e il vaccino anti-Covid). E il processo burla a cui Oppenheimer deve sottostare, alla fine (orchestrato con l’aiuto di McCarthy), ci ricorda le origini dell’anti-intellettualismo di cui Trump – seguito a ruota dalla stragrande maggioranza del suo partito – ha fatto un cavallo di battaglia vincente.