«Oppenheimer», il Novecento dell’America prometeica
Cinema Uscito negli Usa e dal 23 agosto nelle nostre sale, il film di Nolan sul padre della bomba atomica. L’aderenza emotiva al personaggio, gli attori in gioco e la consapevolezza
Cinema Uscito negli Usa e dal 23 agosto nelle nostre sale, il film di Nolan sul padre della bomba atomica. L’aderenza emotiva al personaggio, gli attori in gioco e la consapevolezza
American Prometheus, il Prometeo americano, è il titolo della biografia di Kai Bird e Martin J. Sherwin da cui Christopher Nolan ha tratto il suo Oppenheimer. Si tratta di un titolo ideale per una storia di genio e hybris, che sfocia in pura tragedia greca, ed è accesa del fuoco micidiale dell’atomica. Premio Pulitzer 2005, il libro di Bird e Sherwin è un tomo di quasi settecento pagine, che copre in dettaglio la vita del «papà della bomba»; fitto di scienza (la fisica quantistica che Oppenheimer importò dall’Europa nelle università americane), di giovani studiosi decisi – come «Oppie» – a cambiare il mondo, e del magnifico fervore intellettuale (scientifico, ma anche politico, artistico e filosofico) che animava la prima metà del novecento, a cavallo tra il continente americano e quello europeo.
Nolan – che, dopo aver letto il libro, ne ha tirato fuori una sceneggiatura on spec, scritta d’istinto, nell’arco di un’estate – adotta un approccio cubista sia nei confronti del libro che del suo personaggio centrale.
IL RISULTATO, che scompagina completamente la progressione cronologica dei fatti a favore di un serratissimo andirivieni temporale, ha il sapore ispirato e unico di un flusso di coscienza di precisione matematica. Flusso che sembra evocare, da parte di Nolan, un investimento che è anche per certi versi un’identificazione con il personaggio. Non a caso, dalla stampa è emerso che alcuni passaggi della sceneggiatura erano scritti/narrati in prima persona.
L’Idea emerge dalla fibra del fotogramma, dai raccordi tra le inquadrature, dai volti dei personaggi ripresi nella grandiosità del 65mm come se fossero paesaggiAutore dalle «grandi idee» anche ai tempi del piccolo budget (Following, Memento), Nolan ha costruito il suo cinema, e l’entusiasmo planetario accompagna l’uscita di ogni suo nuovo lavoro, sui suoi interessi per lo studio della matematica e del tempo, su un gigantismo in cui molti riconoscono quello di Kubrick e su protagonisti prometeici, le cui ambizioni portano con sé non solo la possibilità del fallimento ma anche quella del disastro.
Dall’aderenza intellettuale ed emotiva alla «materia» di Robert Oppenheimer è uscito il suo film di gran lunga più riuscito, il più bello e il più emozionante. Il primo in cui l’Idea emerge organicamente dalla fibra del fotogramma, dai raccordi tra le inquadrature, dai volti dei personaggi ripresi nella grandiosità del 65mm come se fossero dei paesaggi. Per navigare questo kolossal d’azione parlata, densissimo di dettaglio storico e biografico sparati a velocità supersonica senza criterio di linearità, Nolan offre una traccia di lettura che Manohla Dargis sul «New York Times» ha giustamente paragonato a due strisce di Dna. Una è a colori e rappresenta il mondo della scienza, dell’intelletto, della creatività e dell’ardire, incarnato da Oppie (che ha i penetranti occhi azzurri, gli zigomi acuti e l’espressione febbrile di Cillian Murphy). L’altra, in contrastatissimo bianco e nero, è il mondo della manipolazione politica, del potere, delle ambizioni sbagliate, della mediocrità e dell’anti-intellettualismo, rappresentati dalla nemesi di Oppenheimer, Lewis Strauss (Robert Downey Jr., in forma splendida), l’ex direttore della United States Atomic Energy Commission e aspirante ministro del Commercio, che contribuì alla pubblica scomunica di Oppenheimer, nel 1954, quando il suo accesso alla security venne revocato perché «nemico degli Stati uniti» in virtù del suo coinvolgimento giovanile con il partito comunista.
LA COMPLESSA, eclettica, formazione politico culturale di Robert Oppenheimer – dagli ideali di impegno civile della Ethical Culture Society, in cui lo aveva cresciuto la sua benestante famiglia ebrea newyorkese, alla sua passione per i deserti selvaggi del New Mexico (dove avrebbe situato il Manhattan Project); dal tormentato rapporto con il giudaismo, alla scoperta della Bhagavad Gita; dal sostegno per la resistenza antifranchista in Spagna e a quello per gli scienziati tedeschi che scappavano dal nazismo, sono tra le pagine più affascinanti del libro.
NOLAN le comprime in coriandoli, così come comprime la vita privata di Oppie concentrandola su due donne, la moglie e biologa Kitty Harrison (Emily Blunt) e la psichiatra Jean Tatlock (Florence Pugh), entrambe iscritte al partito comunista. Compressi anche gli altri grandi «attori» della vicenda – tra cui il leader militare del Manhattan Project Leslie Groves (Matt Damon), il fisico Ernest Lawrence (Josh Hartnett) e Truman (Gary Oldman). Nolan si astiene fortunatamente dal metter in scena, di fronte ai nostri occhi, i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, a cui oggi si ascrivono fino a duecentomila vittime. La tragica realizzazione di Oppie è affidata a una visione (letteralmente parlando) più intima. L’ effetto del paradosso è lo stesso. «Adesso sono diventato la morte. Un distruttore di mondi», dirà una delle più brillanti menti scientifiche della Storia, che da allora avrebbe cercato di farsi portavoce dei pericoli dell’uso militare della sua scoperta.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento