I 100 anni di Jimmy Carter, più amato da ex presidente che alla Casa bianca
Elettorale americana «Spero di vivere abbastanza per votare Kamala Harris»
Elettorale americana «Spero di vivere abbastanza per votare Kamala Harris»
Da ieri, il primo presidente americano ad aver raggiunto un’età a tre cifre è il democratico Jimmy Carter, che ha dichiarato di voler vivere abbastanza a lungo da votare per Kamala Harris, il 5 novembre.
CARTER è stato rivalutato dopo la fine della sua presidenza e più amato da ex presidente che da Commander in chief, carica che ha ricoperto dal 1976 al 1981. È stato l’unico presidente a mandare la propria figlia alle scuole pubbliche e uno dei pochi a servire per un solo mandato, segnato dalla «crisi degli ostaggi», il rapimento di 53 dipendenti dell’ambasciata statunitense a Teheran .
Durante la sua presidenza ha avuto grandi ambizioni ammirevoli: ha cercato di riformare il welfare, l’assistenza sanitaria e i sistemi fiscali del paese, ma senza successo, anche a causa degli scarsi rapporti con i democratici al Congresso per i quali lui era troppo a sinistra. Ha riorientato la politica estera degli Usa ponendo l’accento sui diritti umani, e da ex presidente si è apertamente espresso in favore della Palestina, ha usato la sua influenza per sostenere numerose campagne per i diritti civili e per i diritti della classe medio bassa americana, in primo luogo il diritto alla casa.
Nonostante i due tumori non si è mai fermato: nel 2002 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace che ha riconosciuto i suoi «sforzi decennali nel trovare soluzioni pacifiche a conflitti internazionali», come gli accordi di Camp David, che hanno portato direttamente al trattato di pace israelo-egiziano del 1979.
DI SOLITO gli ex presidenti non entrano nel dibattito politico e sulla scelta dei loro successori, ma non Carter, che ha sempre sconvolto lo status quo. Nel 2016 ha fatto sapere di aver votato alle primarie per Bernie Sanders, e negli ultimi anni si è espresso apertamente sulla necessità di iniziative progressiste come il sistema sanitario statale Medicare for All.
Ma ciò che lo può rappresentare meglio di ogni altra delle sue infinite imprese di un secolo di vita è probabilmente il «discorso sul malessere», pronunciato il 4 luglio 1979, in piena crisi energetica, con il mondo – e in particolare gli Usa – che si confrontava con il brusco rialzo del prezzo del petrolio a seguito della rivoluzione iraniana. In quell’occasione Carter accusò lo stile di vita americano ed invitò la società consumistica per eccellenza a guardarsi allo specchio e ammettere che c’era qualcosa che non andava. «Voglio parlarvi di qualcosa più grande del nostro problema energetico o dell’inflazione. La minaccia è quasi invisibile. È una crisi di fiducia. Troppi di noi ora tendono ad adorare il consumismo e non si preoccupano delle conseguenze delle proprie azioni. L’identità umana non è più definita da ciò che si fa, ma da ciò che si possiede».
IL DISCORSO doveva servire da invito a trovare collettivamente delle soluzioni per un sistema che aveva evidenti problemi, ma ai tempi venne preso malissimo dagli americani. Probabilmente se un democratico Usa lo pronunciasse ora verrebbe portato in trionfo, ma Carter era in anticipo di una quarantina d’anni.
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