Due giorni fa, la chiusura ufficiale della campagna elettorale a Torino, in una piazza Castello gremite. Ieri, un ultimo evento a Monza, la città di Ilaria Salis. Dalle parti di Alleanza Verdi Sinistra circola un (prudente ma convinto) atteggiamento positivo nei confronti di questa tornata europea. Il cronista deve registrarlo perché è un sentimento diffuso che è indice anche di un dato politico, oltre che del consueto (e obbligatorio, per chi si trova in campagna elettorale) ottimismo della volontà

L’idea è che attorno alla questione, simbolica e al tempo stesso molto concreta, di Salis e del voto per liberarla dalle grinfie dell’Ungheria di Orban e sottrarla alle ombre della peggiore Europa, si sia coagulata una compagine plurale e aperta, contraddittoria come succede quando si aprono processi inediti e non del tutto pianificati a tavolino. L’impressione è che si siano mobilitate forze ed energie che eccedono il perimetro di Avs e che potrebbero fare davvero la differenza.

Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, ha detto a questo giornale che da domenica sera potrebbe addirittura chiudersi la più che decennale stagione della marginalità della sinistra in questo paese. «Saremo la sorpresa dell’appuntamento elettorale – ha ribadito ieri Fratoianni -. Perché Avs rappresenta con i propri candidati una proposta politica credibile, perché ha avuto parole nette sulle questioni cruciali con cui si misurano i cittadini, e perché ha costruito liste in grado di indicare un manifesto politico dell’Europa che vogliamo e di quella che non vogliamo».

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Sarà interessante capire in che misura quel «di più» che ha deciso di convergere a difesa della maestra antifascista costretta a Budapest (o a sostegno di Mimmo Lucano, per dire un altro dei candidati «eretici» e indipendenti nelle liste di Avs) marcherà le percentuali elettorali.

Questo pezzo di sinistra ampia, sociale, fatta di movimenti e opinione pubblica non rassegnata, non è l’unico fattore determinante. I profili di alcuni dei candidati di Avs mirano a raccogliere porzioni di elettorato più tradizionalmente di centrosinistra. Ignazio Marino, Leoluca Orlando e altre personalità meno note sul piano nazionale ma significative nei contesti locali parlano a quel popolo largo che un anno e mezzo fa ha contribuito (ribaltando il giudizio degli iscritti al Pd) a far diventare Elly Schlein segretaria del Pd e che adesso scegliendo Avs vuole continuare quell’operazione corsara provando a trascinare tutta la potenziale coalizione su posizioni più riconoscibili.

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A cavallo di questi due mondi, a far da tramite tra una sinistra sociale diffusa sul territorio e una galassia di centrosinistra che ha bisogno di trovare maggiore decisione per costruire l’alternativa a Meloni, ci sono figure come quella di Massimiliano Smeriglio, che da tempo anima una rete nazionale di esperienze civiche: è la sinistra che si ritrova spesso nei territori ma che fatica a trovare spazio sulla scena politica nazionale.

La scommessa di Avs, tutt’altro che già vinta, si gioca sulla possibilità che questi mondi, che da anni non dialogano o faticano a ritrovarsi, facciano massa critica alle urne. Si gioca su di un terreno che per certi versi assomiglia a quelle che hanno condotto al successo negli anni scorsi diversi partiti della sinistra in Europa (con una differenza sostanziale: qui non c’è un unico leader e non è prevista la verticalizzazione del «populismo di sinistra» teorizzata da Ernesto Laclau) e che per paradosso arriva proprio quando quelle esperienze in giro per il continente sono in preda a rotture, divisioni e crisi che ricordano la storia della sinistra italiana. Se la partita delle urne dovesse andare come sperano, inoltre, se ne aprirebbe una più grande e rischiosa: Fratoianni, Bonelli e compagni avranno il compito di gestire e aprirsi alla composizione plurale che hanno attraversato nella campagna elettorale.