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Asse Weber-Meloni su Fitto. Le deleghe hanno un prezzo

Asse Weber-Meloni su Fitto. Le deleghe hanno un prezzoIl presidente del Ppe Manfred Weber (al centro) arriva a palazzo Chigi per l’incontro con Giorgia Meloni foto Ansa

Europa/Italia Il presidente del Ppe a Roma vede anche il futuro commissario Ue. Tajani regista del tour

Pubblicato circa un mese faEdizione del 29 agosto 2024

La spiegazione che palazzo Chigi dà della visita del presidente del Ppe Manfred Weber a Giorgia Meloni è ineffabile: «Quando è a Roma passa sempre per un saluto». Improvvisata lunghetta, però: il colloquio, iniziato verso le 15, si è protratto per oltre un’ora e mezzo. In effetti, ammettono dallo staff della premier, i due hanno affrontato una quantità d’argomenti. Ma nella lunga lista, dalla competitività alle migrazioni, campeggia l’assenza di un nome, quello di Raffaele Fitto: dimenticanza eloquente. E sì che Weber, prima di salutare Meloni, aveva scambiato quattro chiacchiere proprio con il futuro commissario europeo. Uscito da palazzo Chigi, ha incontrato i centristi dell’Udc, Cesa insomma, prima di cenare con il vero regista della girandola di incontri, Antonio Tajani. L’italiano aveva in mente un ristorante al ghetto, all’amico tedesco la location è sembrata troppo politicamente sbilanciata: hanno ripiegato sul circolo degli Esteri.

IN REALTÀ IL PRINCIPALE, pur se non unico, oggetto del colloquio è stato proprio Fitto. Prima di tutto perché c’è ancora il rischio che l’italiano finisca impigliato nella principale grana che affligge von der Leyen: la parità di genere nella Commissione Ue o meglio la sua assenza. In qualche modo bisognerà convincere o costringere quattro Paesi a ritirare i loro commissari maschi, o si dovrà cercare un mezzo per impallinarli. Tajani e il capodelegazione azzurro a Bruxelles Martusciello avrebbero organizzato la rimpatriata proprio per assicurare all’Italia la copertura del Ppe in quel malaugurato caso. Non che Fitto rischi più che tanto: è un nome gradito sia alla presidente che al Ppe. Ma l’ombrello popolare sarebbe comunque una ulteriore garanzia, tanto più che proprio il Ppe dovrebbe rinunciare a due commissari maschi già indicati, probabilmente quelli di Lussemburgo e Croazia.

LA DELEGA CHE DOVREBBE essere affidata a Fitto è rilevante abbastanza da permettere alla premier bastonata nella prima fase della partita, quella sulla nomina dei top jobs, di uscire a testa relativamente alta dal finale: Coesione e Pnrr, materia nella quale Fitto è ferrato. Il Bilancio invece lo avrebbe ipotecato la Polonia di Tusk, che ha messo in campo un suo fedelissimo, Piotr Serafin. Molto più spinoso il tema vicepresidenza esecutiva, obiettivo al quale Meloni non ha affatto rinunciato. La presidente della Commissione non ha ancora deciso come muoversi ma tra le ipotesi che starebbe vagliando ci sarebbe anche quella di scegliere i vice esecutivi non tra i gruppi «di maggioranza», cioè quelli che hanno votato a favore dei top jobs, ma in base al peso numerico. Certo saltandone uno, i Patrioti di Orbán, Le Pen e Salvini, costretti nel ghetto dei “sovranisti antieuropei” da un rigido cordone sanitario. In questo caso, la vicepresidenza esecutiva per l’Italia tornerebbe a portata di mano.

È PERÒ EVIDENTE che in questa ottica, e persino a prescindere dalla vicepresidenza, non si tratta più di un caso specifico ma di un possibile riavvicinamento tra FdI, e in generale i Conservatori, e i Popolari. Non a caso il colloquio di ieri ha davvero affrontato tutti i temi essenziali, a partire da competitività, immigrazione e politica industriale, sui quali verificare le possibili convergenze tra Ecr e Ppe. La posta in gioco, insomma, è una sorta di cooptazione dei Conservatori se non proprio nella maggioranza almeno nell’area più adiacente, con conseguente ulteriore allontanamento di FdI e della premier italiana dai sovranisti di Orbán. Un traguardo che Weber ha in mente da sempre e che intende perseguire anche dopo la rottura del voto FdI contro von der Leyen nel luglio scorso.

LE DELEGHE PESANTI per Fitto e, forse, il boccone della vicepresidenza esecutiva avranno un prezzo, anzi ne avranno molti. Il primo sarà la risoluzione del tormentone sulle concessioni balneari, che potrebbe arrivare con la messa a gara già nel prossimo cdm o in quello successivo. Il secondo è una politica di bilancio tale da rassicurare pienamente Bruxelles, e la sicurezza di Bruxelles implica la totale insoddisfazione della Lega, in particolare sulle pensioni. Ma non è escluso, anzi è decisamente probabile, che più prima che poi riemerga il nodo della ratifica della riforma del Mes. Sono passati più dei 6 mesi necessari perché l’Italia ci ripensi e la Ue a quella riforma non vuole rinunciare per il veto di un solo Paese che nega la firma.

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