Modificano la triade meloniana «Dio, patria e famiglia con «Dio, figli e patria», se la prendono con il biologico, la Coldiretti, il ministro Francesco Lollobrigida e gli agricoltori «venduti» che hanno accettato il dialogo con il governo e l’Unione europea. Scrivono su uno striscione che bisogna smetterla di togliere soldi agli agricoltori per attaccare la Russia e sostengono che non è possibile fare agricoltura senza pesticidi, che non sono altro che «acqua sporca», come dice uno di loro. Urlano «stop genocidio» e sventolano bandiere tricolori. Si infiammano a ogni «vaffa» urlato dal piano di un rimorchio montato come un palco in fondo al Circo Massimo.

In estrema sintesi, sono queste le cose che si ascoltano alla manifestazione romana degli «agricoltori traditi», arrivati in non più 1.500 dal basso Lazio e dalla Basilicata, dalla Calabria e dalla Sicilia per sfogare il loro malessere contro le vessazioni del governo e dell’Europa, impersonati da un eccesso di regole e tasse.

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Il leader Danilo Calvani, un ex leader del movimento dei Forconi che nel 2013 contestò il governo Monti con parole d’ordine non molto diverse da quelle di oggi, si scaglia contro il governo e contro chi lo sostiene, anche tra gli agricoltori. Dice che le proteste proseguiranno in tutta Italia, ma non è chiaro con quali obiettivi. Soprattutto, non si capisce dove andrà a parare questo movimento che appare ancora in costruzione. Se la piazza di ieri è servita a contarsi, non è andata benissimo. Però chi c’era non pareva curarsene più di tanto, anche perché ieri in tutta Italia ci sono state numerose manifestazioni di agricoltori, da Barletta a Imola, ed è stato facile intestarsele.

Un primo obiettivo potrebbero essere le prossime elezioni europee. In mattinata, una delegazione è andata nella sede della Commissione Europea a Roma, in via IV Novembre, per presentare una lettera aperta in cui «diffidano la Commissione europea dall’imporre direttive e/o normative allo Stato italiano e quindi per ricaduta ai cittadini della Repubblica italiana che hanno come principale finalità la perdita della sovranità nazionale e specificatamente la sovranità del comparto agricolo».

Quella del Circo Massimo però non è stata l’unica manifestazione degli agricoltori ieri a Roma. Sempre ieri mattina, davanti al Colosseo si sono radunate trecento persone dell’associazione Altragricoltura e del movimento. I manifestanti si sono poi spostati verso la piazza del Campidoglio, dove hanno trovato ad attenderli con bandiere tricolori e striscioni altri agricoltori, allevatori, pescatori, balneari e partite Iva provenienti in particolare dall’Abruzzo e dalla Campania. Sui cartelli si leggevano scritte come «Sovranità e made in Italy chi li ha visti», «No ai terreni incolti» e «Il grano è l’oro italiano». I manifestanti però si sono dissociati dalla manifestazione del Circo Massimo. «Noi non chiediamo le dimissioni del governo, vogliamo solo salvare l’agricoltura italiana», ha detto Adriano Novello di Altragricoltura.

Hanno invece smobilitato il presidio sulla via Nomentana gli agricoltori di Riscatto agricolo, che hanno accettato le misure decise dal governo, che i manifestanti del Circo Massimo definiscono invece «un contentino». Non tutti i partecipanti però hanno accettato la decisione e alcuni gruppi hanno deciso di rimanere e di proseguire la mobilitazione. Salvatore Fais, uno dei fondatori del movimento, ne è uscito sostenendo che «il tavolo va bene ma non ci basta, vogliamo ottenere qualcosa di immediato subito perché molte aziende non reggeranno nemmeno sei mesi»

Intanto da Milano, dove si trovava per incontrare il presidente della Regione Attilio Fontana e l’assessore all’Agricoltura Alessandro Beduschi, il ministro Lollobrigida ha detto all’agenzia di stampa Askanews che il governo si batterà «per una ridefinizione della Politica agricola comune (Pac), che èstata programmata prima dell’arrivo del nostro governo ed era condizionata da vicende legate alla sostenibilità ambientale che partivano da fondamenti ideologici più che da analisi delle capacità di relazione con il sistema produttivo della nostra nazione».