Fermare i trattori col carrello della spesa
Agribusiness In Europa la voce di spesa relativa al cibo e alle bevande non alcoliche rappresentava il 14,3% del bilancio familiare nel 2021. Questo dato lascia supporre che esista un margine […]
In Europa la voce di spesa relativa al cibo e alle bevande non alcoliche rappresentava il 14,3% del bilancio familiare nel 2021. Questo dato lascia supporre che esista un margine di spesa che i cittadini di reddito medio-alto sono in grado di investite per un cibo più sano e un ambiente più pulito. Secondo gli ultimi dati forniti dal fisco, sono più di 18 milioni i contribuenti che hanno dichiarano un reddito superiore a 20 milioni in Italia, un numero che potrebbe aumentare se consideriamo le dichiarazioni non corrispondenti al reddito reale e l’evasione totale.
La Comunità europea, sollecitata dalla componente politica ecologista, dalle associazioni ambientaliste e dalle richieste dei cittadini attraverso lo strumento dell’Ice (Iniziativa dei Cittadini Europei) stava faticosamente e tardivamente cercando di incoraggiare una transizione in campo agricolo e zootecnico che limiti l’uso dei fitofarmaci e favorisca le produzioni biologiche, più rispettose dell’ambiente, della salute e della vita animale. Una transizione che dovrebbe favorire le aziende di dimensioni medie e piccole che rischiano di essere schiacciate dai grandi produttori e dalle importazioni dall’estero. Proprio quelle che, a quanto risulta dai media, stanno occupando le strade coi trattori.
Così l’Ue innesca la retromarcia, come fece davanti alla richiesta dei cittadini di vietare l’uso del glifosato, il diserbante di Bayer-Monsanto più utilizzato al mondo, sospetto cancerogeno umano. Consentirne l’uso in Europa non fu una concessione alle aziende agricole in sofferenza, piuttosto un cedimento alle lobby dell’agribusiness. L’uso del diserbante, per il quale non può essere sostituito, è la coltivazione della soia transgenica, consentita anche in Europa. La catena globale della soia è in mano a tre giganti dell’agribusiness: ChemChinaSyngenta, Corteva Agriscience e Bayer-Monsanto.
Purtroppo, anche le proteste in corso a favore dell’uso dei pesticidi e degli Ogm rischiano di favorire le multinazionali, invece delle aziende medie e piccole che dovrebbero puntare sulla qualità e l’etica delle produzioni per sopravvivere. La transizione verso un’agricoltura più sana e sostenibile necessita incentivi economici per i produttori e per la ricerca pubblica di gran lunga superiori a quelli stanziati e previsti. L’Ue e il nostro governo dovrebbero orientarsi in questa direzione invece di erogare sussidi in funzione della superficie coltivata e di cedere ai ricatti dell’agribusiness. La prerogativa europea è la grande varietà delle produzioni locali, frutto di una lunga tradizione e di un territorio ricco di biodiversità naturale e culturale. A maggior ragione l’Italia che, per le sue caratteristiche geografiche, possiede la massima biodiversità in Europa e moltissimi endemismi.
In questa debole Comunità europea e nel quadro politico del nostro Paese, al momento, ai consumatori resta solo uno strumento utile a contrastare chi crede di affrontare l’aumento dei costi dei carburanti tornando a usare i pesticidi: il carrello della spesa. Dobbiamo incoraggiare lo sforzo dei piccoli produttori di convertirsi alle coltivazioni e agli allevamenti biologici mostrando di essere disposti a spendere un poco di più per il cibo, nella consapevolezza che frutta, verdura, uova, latticini e carne meno contaminati e prodotti localmente giovano alla nostra salute e a quella dell’ambiente.
*Già cattedra di ecologia, Università degli Studi di Milano
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