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Zimbabwe, prima volta al voto senza Mugabe. Ma c’è «il coccodrillo»

Zimbabwe, prima volta al voto senza Mugabe. Ma c’è «il coccodrillo»Un cartellone pubblicitario elettorale del "coccodrillo" Mnangagwa – Ap

Zimbabwe Evento storico per 5,6 milioni di votanti. Favorito il presidente ad interim, noto per l’astuzia e il passato accanto all’ex leader. I candidati devono superare il 50% per essere eletti al primo turno. L’eventuale ballottaggio l’8 settembre. Il 72% dei zimbabwani vive al di sotto della soglia di povertà e tra i giovani la disoccupazione dilaga

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 29 luglio 2018

Domani il popolo zimbabwano si presenterà alle urne consapevole di partecipare a quello che potrebbe essere uno spartiacque storico per il suo paese. Un’occasione di rinnovamento politico, economico e sociale che nessuno dei 5,6 milioni di votanti vuole lasciarsi sfuggire.

SONO LE PRIME ELEZIONI dall’indipendenza dal regime d’apartheid rhodesiano a svolgersi senza l’ombra ingombrante di Robert Mugabe, spodestato lo scorso novembre assieme a sua moglie Grace da un «golpe bianco» ad opera dell’esercito, dopo ben 37 anni di potere incontrastato. Si eleggeranno i rappresentanti dell’Assemblea Nazionale e del Senato, ma prima di tutto si sceglierà il nuovo Capo di Stato. I 23 candidati presidenziali dovranno superare la soglia del 50% per essere eletti al primo turno.

L’eventuale secondo turno sarà l’8 settembre. L’attuale presidente ad interim Emmerson Mnangagwa, 75enne soprannominato «the crocodile» per la sua astuzia politica e sostenuto dal partito da sempre al vertice, Zanu-PF, è sicuramente il favorito per la vittoria finale. Visto il modo con cui ha conquistato il potere, ha cercato di legittimarsi e di migliorare la sua immagine, presentandosi come portatore di cambiamento. Ma il suo passato ha delle macchie difficili da celare, essendo stato per decenni il braccio destro di Mugabe e avendo ricoperto più volte la carica di ministro oltre ad esser stato a capo della sicurezza negli anni ‘80, quando migliaia di civili di etnia ndebele vennero uccisi durante i massacri del «Gukurahundi» nella regione del Matabeleland.

IL SUO PRINCIPALE SFIDANTE è il giovane 40enne Nelson Chamisa, candidato del Movement for Democratic Change (Mdc), ruolo ereditato dopo la morte dello storico oppositore Morgan Tsvangirai. Chamisa è un politico appassionato ed energico, ma ha dimostrato scarsa maturità per alcune discutibili dichiarazioni e gaffe durante la campagna elettorale che hanno attirato critiche anche nel suo schieramento. Nonostante ciò, il consenso nei suoi riguardi è salito rapidamente, specie fra i giovani il cui voto potrebbe essere determinante. Oggi oltre la metà della popolazione ha meno di 25 anni e circa il 43,5% degli elettori ha meno di 35 anni.

STANDO AGLI ULTIMI SONDAGGI ufficiali, il risultato delle urne potrebbe dar vita a una lotta serrata e aprire uno spiraglio alle chances dell’Mdc. Secondo Afrobarometer, Mnangagwa raccoglierebbe il 40% dei voti mentre Chamisa seguirebbe a poca distanza con il 37%. Chamisa ha già accusato la Commissione elettorale di parzialità e denunciato brogli nella stampa delle schede elettorali e nelle liste. Ha però assicurato che l’opposizione non boicotterà un voto «in cui si farà la storia», aggiungendo che verranno fatti i «dovuti controlli».

IL PUNTO CRUCIALE riguarderà proprio la libertà e imparzialità del voto. La presenza dello Zanu-Pf nell’apparato statale, militare e nei media genera dubbi, nonostante l’atteggiamento pacato e aperto di Mnangagwa e l’ammissione al voto degli osservatori internazionali per la prima volta dopo 15 anni. È difficile pensare che in caso di sconfitta alle urne, la radicata élite politico-militare lascerà facilmente il potere. Non va dimenticato che è stato proprio l’esercito e alcuni dei suoi membri che ora fanno parte del governo, a estromettere il nonagenario Mugabe.

LA SCORSA SETTIMANA l’Ufficio dell’Onu per i diritti umani ha denunciato un «crescente numero di intimidazioni e minacce» contro gli elettori in alcune zone rurali ma, al momento, non si percepisce un clima di ostilità dei vecchi scrutini dell’era-Mugabe.

Tuttavia l’aria è certamente più tesa dopo che lo scorso 23 giugno Mnangagwa è sfuggito a un attentato che ha ucciso due persone durante un comizio a Bulawayo, città roccaforte dell’opposizione. Un evento ancora oscuro che il presidente ha attribuito a membri appartenenti a fazioni dissidenti del suo partito ancora vicine all’ex first lady Grace Mugabe, la quale, a suo dire, starebbe complottando con gli oppositori dell’Mdc. In ogni caso chiunque vincerà le elezioni erediterà un «calice avvelenato». Sia Mnangagwa che Chamisa hanno fatto grandi promesse di rinascita, ma la corruzione resta endemica e l’economia è in ginocchio dopo gli anni di malgoverno del vecchio Mugabe, le sue folli riforme agrarie e l’isolamento diplomatico. Dopo l’esplosione dell’inflazione del 2009, il contante è ormai quasi inesistente, sostituito da «Bond Notes» del valore di un dollaro. Manca la valuta estera e il prezzo dei beni è alle stelle.

IL 72% DEI ZIMBABWANI vive al di sotto della soglia di povertà e la disoccupazione dilaga, specie fra i giovani (alcune stime parlano di oltre il 90%). Limitarsi ad aprire il paese agli investitori potrebbe non bastare, è necessario un cambio di rotta definitivo e totale. Quello che domani andranno a pretendere tutti i zimbabwani.

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