«Israele rappresenta per l’Italia un paese amico, un partner fondamentale. I nostri rapporti sono stretti e si sono rafforzati ulteriormente negli ultimi anni – in ambito sanitario, economico, commerciale». Così il presidente del consiglio Mario Draghi, nelle dichiarazioni congiunte con il premier Naftali Bennett, ha concluso ieri la sua visita di due giorni in Israele. Poco prima aveva visitato il memoriale dell’Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme.

Draghi ha auspicato una collaborazione ancora più intensa a livello scientifico e assicurato la volontà di Roma di rafforzare la cooperazione con Israele nella robotica, la mobilità sostenibile, l’aerospazio e la tecnologia applicata all’agricoltura. «Oggi apriamo un nuovo capitolo nei nostri rapporti. Faremo un vertice intergovernativo in Israele dopo quasi un decennio di pausa», ha replicato Bennett, assicurando che «Israele potrà aiutare l’Europa e i paesi come l’Italia, producendo gas naturale nelle sue acque». Il premier israeliano ha infine ringraziato Draghi per i suoi «preziosi consigli politici».

L’alleanza politica, di sicurezza ed economica tra Israele e Italia quindi si rafforza ulteriormente. Sul lato palestinese al contrario i rapporti, al di là delle dichiarazioni di circostanza fatte dal premier dell’Anp Mohammed Shttayeh sul presunto aiuto dell’Italia a preservare la soluzione a Due Stati (Israele e Palestina), non vanno oltre gli abituali aiuti economici meno utili di quelli politici più necessari. «Questa visita è l’occasione per firmare sei accordi di sviluppo con la Palestina, per un totale di 17 milioni di euro.

Coprono aree cruciali come la chirurgia pediatrica, l’agricoltura, l’occupazione giovanile e la protezione del patrimonio culturale», ha riferito a Ramallah con soddisfazione Draghi dopo il faccia a faccia avuto con Shtayyeh. Da notare il mancato incontro tra Draghi e il presidente dell’Anp Abu Mazen. Giustificata con il protocollo previsto per queste visite ufficiali, l’assenza di Abu Mazen, anche ai colloqui con la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, alimenta le voci che girano da giorni in Cisgiordania e Gaza sulle condizioni di salute, pare critiche, del capo dell’Anp.

Più che per i 17 milioni di euro promessi da Draghi, l’Anp festeggia per la ripresa degli aiuti finanziari, o almeno di una parte di essi, da parte dell’Unione europea dopo due anni di sospensione. Uno stop che ha contribuito a portare l’Anp quasi al collasso.

«Come Team Europe, siamo il più grande donatore in Palestina, con circa 600 milioni di euro all’anno. E sono lieta di annunciare che i fondi dell’Ue per il 2021 possono ora essere erogati rapidamente, tutte le difficoltà sono scomparse», ha affermato Von der Leyen. La presidente si è riferita all’ostruzione praticata dal commissario Ue ungherese Oliver Varhelyi, un alleato del premier Victor Orban, che aveva chiesto di condizionare parte del denaro alle riforme dei libri di testo nelle scuole palestinesi che conterrebbero «istigazioni alla violenza».

L’Unione Europea è il più grande donatore dell’Anp. I suoi fondi aiutano a pagare gli stipendi dei circa 150mila dipendenti pubblici palestinesi e costituiscono una fetta significativa dell’economia della Cisgiordania. Tra il 2008 e il 2020, Bruxelles ha inviato alle casse del governo di Ramallah circa 2,5 miliardi di dollari.

Poi è di nuovo emersa la questione dei libri di testo, un tema ricorrente sin dalla firma delle intese di Oslo tra il 1993-94. Israele e i suoi sostenitori in Europa sostengono che i libri sui quali studiano i giovani palestinesi conterrebbero la «glorificazione del terrorismo». Per l’Anp le accuse sono false e nascondono l’intenzione di cancellare la narrazione palestinese della storia della Palestina e di far prevalere solo quella israeliana.