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Zero diritti, ferie, compensazioni. Tentativi mutualistici contro le big tech

Zero diritti, ferie, compensazioni. Tentativi mutualistici contro le big techUn fattorino di Ele.me – Alibaba

Cina Anche i media di stato cominciano ad occuparsi del tema e a denunciare soprusi

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 2 febbraio 2021

La gig economy è di nuovo sotto i riflettori per le recenti tragedie che hanno coinvolto alcuni lavoratori in Cina. In particolar modo è il colosso di consegna del cibo Ele.me, di proprietà di Alibaba Group Holding, a essere al centro dell’attenzione pubblica da fine dicembre, dopo che nel giro di due settimane un rider è morto sul lavoro e un altro si è dato fuoco per protesta contro i salari arretrati.

L’uomo che si è immolato è un 48enne dello Yunnan che vive a Taizhou, città della provincia costiera del Jiangsu, a nord di Shanghai, impiegato come fattorino in una società terza che consegna per conto della piattaforma. Al momento sarebbe in cura presso un ospedale locale in condizioni stabili. Sotto pressione per l’indignazione generale suscitata dalle discutibili scelte prese dopo il decesso avvenuto appena una settimana prima, Ele.me ha coperto le cure mediche al manifestante e ha dichiarato che la piattaforma proibisce rigorosamente alle società a cui si appoggia di detrarre la paga per qualsiasi motivo.

Anche il rider deceduto mentre trasportava ordini lavorava per conto di una società terza di consegne di cibo, la Fengniao Zhongbao. Aveva 43 anni, era originario della provincia nord-occidentale dello Shanxi ma viveva a Pechino. Come risarcimento alla famiglia, Ele.me ha inizialmente offerto di 2.000 yuan (equivalenti a poco più di 250 euro).

La cifra esigua ha infiammato i social media: la società si è giustificata in fretta rispondendo di non avere alcuna responsabilità legale per la sua morte, premunendosi però di aumentare il risarcimento a 600.000 yuan, dopo opportune «discussioni con tutte le parti». Tra il rider deceduto e Ele.me non risultava effettivamente alcun rapporto di lavoro.

Gli addetti alla consegna di solito stipulano contratti con le agenzie terze, chiamati «accordi di cooperazione». Ciò comporta che non possono beneficiare dell’assicurazione sociale prevista dalla legge cinese, che include tra le altre cose la copertura delle spese in caso di infortuni sul lavoro. Un report dell’agenzia di stampa statale Xinhua di metà gennaio riferisce che più del 60 percento dei fattorini intervistati non ha accesso alla previdenza sociale. Un uomo ha raccontato che quando qualche settimana ha fatto domanda per un lavoro come fattorino, gli è stato chiesto di «rinunciare volontariamente alla previdenza sociale».

La mancata protezione legale dei lavoratori della economia delle piattaforme è una delle lacune irrisolte del sistema di lavoro flessibile. In un momento in cui i servizi basati sul digitale hanno preso il sopravvento su ampie fasce dell’economia cinese, e non solo, si teme che, continua Xinhua, queste problematiche possano danneggiare lo sviluppo economico. Quel che è certo è che nel caso di rimostranze da parte dei fattorini, sia le piattaforme che le società terze di consegna del cibo trovano scappatoie legale per sottrarsi alle reciproche responsabilità.

Nel mezzo restano le preoccupazioni di chi percepisce la professione del rider come temporanea, da svolgere in attesa di opportunità migliori, e che quindi è poco propenso a rischiare in proteste pubbliche o mobilitazioni. Ma nello spazio virtuale si sviluppano dibattiti in vario senso e a metà gennaio il collettivo femminista Jianjiao Buluo ha promosso una campagna di erogazione di 1001 polizze contro gli infortuni per altrettanti «lavoratori del 996».

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