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Pechino accerchia Taiwan, «esercitazioni» di avvertimento

La guarda costiera taiwanese monitora una nave militare cinese a largo delle isole Matsu - ApLa guarda costiera taiwanese monitora una nave militare cinese a largo delle isole Matsu – Ap

Asia È la quarta in due anni, stavolta in risposta al discorso di insediamento di Lai Ching-te

Pubblicato circa 8 ore faEdizione del 15 ottobre 2024

Meno lunghe e attese, ma anche più vicine. Le nuove esercitazioni militari cinesi intorno a Taiwan sono durate “solo” 12 ore, ma Pechino sostiene che i numerosi mezzi dispiegati hanno tolto ulteriore spazio di manovre alle difese dell’isola. Era da giovedì scorso che si attendeva il nuovo capitolo di una storia che è ormai diventata consuetudine. In poco più di due anni, l’Esercito popolare di liberazione ha condotto quattro ampi test militari intorno a Taiwan: agosto 2022 in risposta alla visita di Nancy Pelosi, aprile 2023 dopo il doppio transito negli Stati uniti dell’ex presidente taiwanese Tsai Ing-wen e l’incontro con Kevin McCarthy, maggio 2024 dopo l’assertivo discorso di insediamento del nuovo leader Lai Ching-te.

STAVOLTA, la leva che ha azionato un meccanismo già pronto è stata il primo discorso di Lai in occasione della festa nazionale della Repubblica di Cina, il nome ufficiale con cui Taipei è de facto autonoma. L’amministrazione Lai ha definito il discorso moderato, sottolineando un cambio di tono rispetto a maggio. Pechino non ha colto: troppa la sfiducia (ricambiata) nei confronti di quello che considera un «secessionista radicale». Sotto accusa la cosiddetta «taiwanizzazione» dello status quo. Sui media statali, il discorso di Lai è stato definito «pillola di veleno avvolta nel cellophane». A infastidire Xi Jinping anche il viaggio in Europa di Tsai, che ieri ha parlato a un forum in Repubblica Ceca, accolta dal presidente Petr Pavel. Nei prossimi giorni sarà a Bruxelles e in Francia. Ecco allora il via alle esercitazioni “Spada Congiunta 2024 B”, a ricordare già dal nome che si tratta di una continuazione dei capitoli precedenti.

GIÀ DALL’ALBA, jet e navi da guerra si sono mossi in cinque aree intorno a Taiwan. Il gruppo d’attacco della Liaoning, prima portaerei cinesi di origine ucraina, si è piazzato al largo della costa orientale per guidare test congiunti terra-aria e attacchi simulati a obiettivi marittimi e terrestri. L’effetto accerchiamento era destinato a ricreare una sorta di blocco navale, come già avvenuto in precedenza. Si tratta di uno degli scenari considerati più plausibili in caso si opti per un’azione militare. Tra gli analisti militari cinesi, il riferimento sarebbe il cosiddetto “modello Pechino”, applicato tra novembre 1948 e gennaio 1949 per tagliare i rifornimenti e costringere alla resa i nazionalisti di Chiang Kai-shek, assediati all’interno della città. Uno schema che si immagina di poter ripetere, sfruttando i punti deboli di Taipei, a partire dalla quasi totale dipendenza dalle importazioni per le riserve energetiche.

A DIFFERENZA di agosto 2022, quando le esercitazioni durarono dieci giorni, nessun lancio di missili e dunque nessun impatto su voli o funzionalità dei porti. Eppure, la portata delle manovre non va sottovalutata. Nel giro di poco più di mezza giornata, sono stati rilevati 156 velivoli nella regione intorno a Taiwan, 90 dei quali all’interno dello spazio di identificazione di difesa aerea: un record. Nei pressi dell’arcipelago delle Matsu, una manciata di chilometri dal Fujian cinese, la guardia costiera taiwanese ha allontanato quattro navi di Pechino. A Kinmen, altro mini arcipelago amministrato da Taipei ma nei pressi delle coste della Repubblica popolare, è stato arrestato un cinese per un «tentativo di intrusione». Il Partito comunista ha invece sanzionato due nuovi «secessionisti»: il deputato Puma Shen, fondatore del movimento di difesa civile Kuma Academy, e l’ex magnate dei chip Robert Tsao, che dopo aver portato i semiconduttori in Cina continentale si è di recente scoperto anti Pechino.

SUL FRONTE politico taiwanese, il nuovo scossone può rafforzare Lai. Spesso criticato dall’opposizione interna e da alcuni analisti per togliere la cruciale ambiguità allo status quo, può sostenere che mostrare moderazione non porta a una reazione più morbida di Pechino. La storia, ovviamente, non finisce qui. Dopo le elezioni negli Usa, è lecito attendersi il prossimo capitolo.

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