Zelensky: «Una decisione storica». Ma gli Usa non aiutano la Corte dell’Aja
Josep Borrell: «I responsabili devono rendere conto»
Josep Borrell: «I responsabili devono rendere conto»
«È solo l’inizio» promette il capo dello staff della presidenza ucraina Andriy Yermak: il mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale contro Vladimir Putin e la Commissaria della Federazione russa per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova è accolto con gioia dal governo ucraino. E in primo luogo dal presidente Volodymyr Zelensky: «Si tratta di una decisione storica», ha scritto sul suo canale Telegram. «Il capo di uno stato terrorista e un’alta funzionaria russa sono ufficialmente accusati di un crimine di guerra», «della deportazione illegale di migliaia di nostri figli in territorio russo». Insieme a lui intervengono il ministro degli Esteri Dmitro Kuleba – «La giustizia si è messa in moto» -, il suo consigliere Mikhailo Podolyak («Il mondo è cambiato») e il ministro della Difesa Oleksii Reznikov.
Ma naturalmente le reazioni non arrivano solo dall’Ucraina: fra i primi a lodare la scelta della Corte dell’Aja c’è l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri Josep Borrell. «È una scelta importante – afferma – L’Ue ha sempre chiarito che i responsabili dell’aggressione illegale dell’Ucraina devono rendere conto alla giustizia». Gli fa eco la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, che in una nota indica il mandato della Cpi come un «momento di svolta nel conflitto». «Emerge in tutta la sua atrocità la questione della deportazione dei bambini, che mostra tutta la ferocia del regime russo».
In Italia fra le prime a intervenire c’è Emma Bonino: «La decisione di perseguire crimini di guerra, nonostante sia la Russia che l’Ucraina non abbiano sottoscritto lo statuto (della Cpi), rappresenta un enorme avanzamento rispetto alla proposta di istituire un tribunale ad hoc, che avrebbe tempi ancora più lunghi». «Le indagini continuino», esorta invece su Twitter il ministro degli Esteri britannico James Cleverly. Mentre su Twitter la prima ministra estone Kaja Kallas scrive che «Siamo un passo più vicini al giorno del giudizio».
Al momento di andare in stampa, tutto taceva sul fronte statunitense. Ma il New York Times cita fonti interne all’amministrazione Biden che raccontano di come il Pentagono abbia sinora impedito al governo di condividere con la Corte dell’Aja le informazioni raccolte dalle agenzie di sicurezza Usa sui crimini russi – per timore che questo costituisca un precedente in grado di spianare la strada a una eventuale persecuzione degli stessi Stati uniti (che come la Russia non aderiscono allo Statuto di Roma che ha istituito la Cpi). Proprio come Mosca, Washington è infatti uno dei pochi paesi a affermare che la Corte penale internazionale non ha l’autorità di perseguire i supposti crimini commessi da paesi che non aderiscono allo Statuto, anche se vengono commessi in nazioni che fanno parte della Cpi. La stessa posizione che fa sì che la Russia abbia risposto con scherno al mandato, che Dimitri Medvedev ha definito «carta igienica».
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