Il discorso di Volodymyr Zelensky alla Knesset, oggi alle 18 (le 17 italiane), sarà diffuso anche su un mega schermo in piazza Habima a Tel Aviv come aveva chiesto l’ambasciatore ucraino Yevgen Korniychuk.

Tuttavia, mentre ieri continuavano i preparativi all’assemblea parlamentare per l’intervento da remoto del presidente ucraino rivolto a deputati e ministri israeliani – inclusi il premier Naftali Bennett e il ministro degli esteri Yair Lapid – Mosca non ha mancato di esprimere il suo forte disappunto per la scelta di Israele di dare tanto spazio alle ragioni di Zelensky.

L’ambasciatore russo Anatoly Victorov ha incontrato lo speaker della Knesset, Micky Levy, per dirgli che la Russia si aspetta «un comportamento più equilibrato» da parte di Israele che rischia di perdere agli occhi del Cremlino la posizione più o meno indipendente che ha mantenuto finora.

Un «mediatore deve stare attento a non sbilanciarsi», ha avvertito Victorov. Secondo la tv Canale 12 l’ambasciatore ha «suggerito» a Levy, usando toni decisi, che i deputati israeliani ricevano un aggiornamento sulla guerra da parte anche di parlamentari russi. Suggerimento che Levy ha respinto.

La posizione «neutra» di Israele sull’attacco russo all’Ucraina si è fatta più difficile sotto la pressione di Kiev e di Zelensky che ha più volte chiesto a Tel Aviv di fare di più e di condannare la Russia. Nei giorni scorsi l’Ucraina aveva chiesto di tenere una grande manifestazione a suo sostegno al Memoriale dell’Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme, durante la quale Zelensky avrebbe rivolto un appello alla popolazione israeliana.

I dirigenti dello Yad Vashem hanno rifiutato, ha spiegato il giornale online Times of Israel, nel timore di paragoni tra l’invasione dell’Ucraina e l’Olocausto.

Quindi è stata scelta la strada del collegamento live, a cui parteciperà anche l’ex primo ministro e capo dell’opposizione Benyamin Netanyahu, che per anni si è vantato di avere una stretta amicizia con Vladimir Putin. La riluttanza, durata giorni, di Israele a dare il via libera al discorso di Zelensky è frutto proprio dei timori del governo Bennett per le reazioni russe sullo scenario siriano.

Israele fa affidamento sul coordinamento con Mosca per lanciare i suoi raid aerei contro presunte postazioni iraniane in Siria, paese a cui la Russia, con la sua aviazione, assicura una decisiva superiorità militare sui suoi avversari oltre a proteggere il presidente Bashar Assad.

In Israele circa 1,2 milioni di persone sono russofoni e provengono da Russia, Ucraina o nazioni ex sovietiche. E l’Ucraina vanta una delle più grandi comunità ebraiche del mondo. Secondo dati del Congresso ebraico europeo, prima dell’attacco russo risiedevano a Kiev e in altre città dai 360mila ai 400mila ebrei. Tel Aviv è perciò stretta tra l’alleanza con gli Stati uniti che spingono per il pugno di ferro contro Mosca e il rapporto che lo Stato ebraico ha con la Russia.

Fin dall’inizio, Bennett si è mostrato cauto. Il 5 marzo ha incontrato Putin a Mosca allo scopo principale di rassicurarlo sulla posizione di Israele. Allo stesso tempo ha tenuto continui colloqui telefonici con Zelensky. Nel suo governo però convivono due posizioni. Quella che privilegia gli aspetti militari del rapporto con Mosca e non cerca lo scontro frontale con Putin.

Per questo Bennett ha respinto, almeno fino ad oggi, la richiesta di Zelensky di fornire armi alle forze ucraine. Invece il ministro degli esteri Lapid spinge per una posizione più dura contro la Russia e un sostegno più aperto all’Ucraina. Posizioni divergenti che in qualche modo agevolano la linea di Israele di non schierarsi su un fronte specifico anche se, di fatto, sta dalla parte dell’Ucraina.

Il discorso di Zelensky potrebbe però minare alle fondamenta le possibilità che Gerusalemme possa ospitare, come si era ipotizzato nei giorni scorsi, un possibile vertice russo-ucraino volto a mettere fine alla guerra.

Vale la pena di sottolineare che in quel caso si organizzerebbe il summit sull’occupazione di una parte dell’Ucraina in una città che è occupata per le risoluzioni internazionali e che Israele si è annesso con un atto di forza proclamandola unilateralmente la sua capitale.