Xi Jinping ascolti i manifestanti di Hong Kong
Lettera al presidente cinese Tutti noi attendiamo la fine di questa crisi, senza spargimenti di sangue, nel nome e nel rispetto di quel “Rinascimento” che anche Lei spesso richiama nei suoi discorsi e che certamente ci accomuna
Lettera al presidente cinese Tutti noi attendiamo la fine di questa crisi, senza spargimenti di sangue, nel nome e nel rispetto di quel “Rinascimento” che anche Lei spesso richiama nei suoi discorsi e che certamente ci accomuna
Signor Presidente,
inizio chiedendole scusa della mia almeno apparente presunzione. Sono del tutto consapevole che Lei non possa occuparsi direttamente di quanto eventualmente le scrive un singolo cittadino, ancorché proveniente da un Paese lontano.
Pur tuttavia, mi consente di scriverle il grande amore che porto al Suo Paese, al quale ho oramai dedicato quasi una vita di impegno e di studi, iniziati quando la Cina non era una potenza con la quale il mondo doveva confrontarsi, ma aveva già la forza che le deriva da una storia e da una civiltà millenarie.
E’ quella civiltà, signor Presidente, che mi ha sempre affascinata ed è a quella civiltà che mi richiamo.
Sono un professore universitario, insegno Lingua e Letteratura Cinese, e sono anche Direttrice di parte italiana dell’Istituto Confucio dell’Università di Torino. Conosco quindi bene gli studenti, conosco la potenza dei loro sogni e la straordinaria energia che dedicano alle loro rivendicazioni, quando vogliono cambiare la realtà.
Conosco in particolare coloro che studiano cinese qui in Italia e conosco i miei personali sforzi per insegnare loro a guardare alla Cina senza pregiudizi ideologici, imparando a comprendere prima di giudicare.
Che non vuol dire essere sempre d’accordo e non vuole dire rinunciare ai propri valori, primo fra tutti la democrazia e il diritto di esprimere le proprie idee.
Il nostro, quello cosiddetto “occidentale” non è, bene inteso, il solo modello di società possibile, ma non possiamo rinunciare a questi valori fondanti. Sono parte della nostra storia, per quanto contraddittoria e certo non priva di errori e di tragedie.
Sono fermamente convinta che un terreno di dialogo tra la Cina e l’Occidente ci sia, e che tale dialogo non parli soltanto la lingua degli interessi economici. Sono certa che anche Lei consideri i giovani , anche i giovani di Hong Kong. uno straordinario patrimonio, un tesoro che ogni società deve proteggere, tutelare, aiutare a crescere.
Innanzitutto, ascoltandoli. Non parlo certo ex cathedra, signor Presidente: so bene quanto manchevoli siano anche le nostre società di fronte ai giovani. Ma Le chiedo di ascoltare i ragazzi di Hong Kong. Vada a trovarli, signor Presidente.
Vada Lei, non mandi la polizia. La Cina ha una classe dirigente di prim’ordine, credo sia in grado di affrontare i ragazzi del Porto Profumato.
Ascoltarli non vuole dire essere di necessità d’accordo, ma vuol dire dimostrare che la grande civiltà che il suo paese incarna non impallidisce di fronte alla sfide del presente ed è in grado di elaborare valori condivisi e condivisibili con il resto del mondo.
Tutti noi attendiamo la fine di questa crisi, senza spargimenti di sangue, nel nome e nel rispetto di quel “Rinascimento” che anche Lei spesso richiama nei suoi discorsi e che certamente ci accomuna.
(Professoressa ordinaria di Lingua e Letteratura Cinese – Università di Torino, Direttrice di parte italiana dell’Istituto Confucio dell’Università di Torino)
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento