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Wisława Szymborska e Kornel Filipowicz, fra mittente e destinatario tanti intrusi: immaginari

Wisława Szymborska e Kornel Filipowicz, fra mittente e destinatario tanti intrusi: immaginariWislawa Szymborska con Kornel Filipowicz, foto di Eva Lipska

Carteggi letterari La coppia Szymborska-Filipowicz, che non coabitò mai, si scambiò – fra il 1966 e il 1985 – varie lettere i cui veri protagonisti non erano loro: «Meglio di tutto al mondo sta il tuo gatto», da Elliot

Pubblicato 6 mesi faEdizione del 5 maggio 2024

Kornel Filipowicz, autore di racconti e sceneggiature, e la poetessa Wisława Szymborska costituirono una coppia atipica, che non avrebbe mai coabitato: da qui il ricorso a una fitta corrispondenza adesso pubblicata dall’editore Elliot di Roma come Meglio di tutti sta il tuo gatto Lettere 1966-1985, (2023, € 25,00) nella traduzione di Gulia Olga Fasoli. Sono lettere d’amore? Szymborska stessa escludeva una simile eventualità, visto che le ultime le aveva scritte – all’età di 8 anni e su richiesta di una cameriera, al fuochista di una locomotiva: «da allora ho perso la vena» – ammetteva.

Verrebbe da chiedersi se sia corretto indagare nell’intimità di una persona che aveva fatto della riservatezza una filosofia di vita. È lo stesso Filipowicz a darci un motivo per farlo: «Le tue lettere sono perfette, come belle opere letterarie: vere, lievi, spiritose, irripetibili. È possibile che dietro vi si celino sentimenti altrettanto veri e irripetibili? Permettimi di credere di sì». Lo scrittore forniva la dimostrazione di quanto le lettere di Szymborska fossero «letteratura», allorché riconosceva di aver preso delle decisioni (mediche) sotto l’effetto delle «commoventi parole» della poetessa: «tale è la potenza della letteratura», ammetteva, quasi gli risultasse nuovo che l’arte potesse incidere sulla vita «reale». Nel suo caso però il genere epistolare non nutriva ambizioni artistiche: le lamentele per gli acciacchi e le doviziose descrizioni degli esemplari ittici catturati durante interminabili partite di pesca lo confermano. Entrambi i corrispondenti accusano problemi di salute, che costringono l’uno a degenze ospedaliere, l’altra a lunghi soggiorni in un sanatorio a Zakopane, celebre località montana. Mentre le annotazioni sanitarie di K.F. sono sempre un po’ tecniche e lugubri, aridi elenchi di trattamenti, farmaci e dosaggi, la poetessa nemmeno in quel caso rinunciava a una sana dose di umorismo: dopo un’iniezione di antibiotici, afflitta dal dolore intramuscolare che aveva interessato la natica, e da un forte mal di testa, affermava che per la prima volta in vita sua le si era «palesato il misterioso legame tra queste due parti del corpo». La forzosa separazione dalla persona amata scatena nella poetessa una gelosia che si esprime in forma di ironiche allusioni.

Dal canto suo, Filipowicz vede la permanenza della compagna nel sanatorio come un’esperienza carceraria, ma anche e soprattutto come un soggiorno sulla Montagna Incantata, dove i flirt sono all’ordine del giorno. A conferma, W.S. gli comunicherà che i medici – convinti che i pazienti guardassero il festival della canzone di Sopot nella sala della televisione – ne avevano scovati due in camera a svolgere «attività commendevoli se si prende in considerazione l’esigenza di avere un esercito numeroso».

Non mancano ovviamente dichiarazioni d’amore, spesso  mediate dall’immaginazione poetica: «Meglio di tutti la vita va al tuo gatto, perché sta con te», scriveva Szymborska al compagno nell’ottobre del 1968, quasi nella premonizione che sarebbe stato proprio quel gatto a incarnare liricamente il dolore per la scomparsa di lui nella poesia «Gatto in un appartamento vuoto». I veri protagonisti del carteggio sono i personaggi inventati dall’inesauribile immaginazione della poetessa, come la contessa Heloiza Lanckorońska e il tuo plenipotenziario Eustachy Pobóg-Tulczyński, alter ego dei due corrispondenti 60 anni prima, le cui missive sono stilizzate nella prosa elegante e formale dei primi del secolo. La contessa a causa della salute cagionevole è costretta a soggiornare nelle maggiori località di cura degli inizi del Novecento: Ostenda, Abbazia, Sorrento. La lontananza dal suo plenipotenziario la mette in balia di ammiratori goffi ma altisonanti, o di compromettenti frequentazioni sociali, quali novelle spose dalle gambe storte, maritatesi solo grazie a una ricchissima dote, e nella necessità di ricorrere all’assistenza spirituale del cardinal Pinocchio, «sottile conoscitore dell’animo femminile».

Tra i protagonisti delle mistificazioni epistolari compaiono anche anonime lettrici di Filipowicz, casualmente in possesso di preziose cartoline illustrate (di cui i due autori erano avidi collezionisti), o rivali in amore della poetessa, come la bella Genia, donna non troppo acuta, ma fedele nel suo affetto per lo scrittore. Tra le rivali di W.S. c’è la sua cameriera immaginaria, Rózia, autrice di lettere che contraddicono tutte le regole ortografiche polacche, pronta a cedere allo scrittore metà delle cartoline della poetessa, «che ne ha di così tante che mica se ne accorge». La relazione tra i due scrittori è poi costantemente minacciata da invii di lettere anonime che – con i dovuti  svarioni – mettono Filipowicz al corrente del fatto che la persona da lui frequentata non distingue il capo dalla coda di un pesce, compromettendone così la fama di pescatore, nonché della circostanza che «quella donna intrigante» ha promesso al suo gatto un topolino vivo, ma il gatto è rimasto sordo a ogni lusinga.

L’epistolario è piuttosto povero di riferimenti all’attualità politica, con qualche accenno alle purghe antisemite intervenute in seno al POUP nella primavera del 1968, nonché alla partecipazione polacca all’invasione della Cecoslovacchia nell’agosto dello stesso anno.  Sporadiche le annotazioni relative alla pratica del lavoro letterario: talune, ex post, assumono una sfumatura di involontaria malignità: nel 1970 Szymborska non augurava al compagno di vincere il premio Nobel, dal momento che «sei previsto soltanto per il 1974». Gli spunti di critica letteraria sono sempre squisitamente personali: dopo aver deposto sulla tomba di Anton Chechov due foglie di ippocastano, in mancanza di fiori, l’altissimo Filipowicz comunica alla compagna che non tutti gli individui geniali sono di bassa statura, giacché l’autore di Zio Vania era 1.86: «te lo comunico con una certa soddisfazione». Corredato da materiale iconografico che riproduce le cartoline d’epoca (modificate con aggiunte umoristiche) inviate da Szymborska a Filipowicz, il carteggio costituisce un’interessante integrazione al corpus delle opere della poetessa premio Nobel, permettendo al lettore di conoscerla anche sul versante privato.

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