Alternativa per la Germania (Afd) è fuori dal gruppo europeo Identità e democrazia (Id). Lo rende noto un asciutto comunicato diffuso dall’ufficio di presidenza del gruppo parlamentare di Bruxelles: «Non vogliamo più essere associati agli incidenti che hanno coinvolto Maximilian Krah, copolista dell’Afd per le elezioni europee». L’europarlamentare tedesco di estrema destra era finito nel mirino di Marine Le Pen, seguito a ruota dall’alleato in Id Matteo Salvini, dopo aver rilasciato un’intervista a la Repubblica in cui dichiarava che «non tutte le SS vanno condannate». Idee non certo espresse per la prima volta ma che, nel clima di grandi manovre per le alleanze post-elettorali, sono state colte al volo dalla leader francese. Sempre domenica Le Pen, in occasione della conferenza delle destre populiste a Madrid, aveva aperto le braccia alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni aprendo di fatto il cantiere per un coordinamento tra destre a Bruxelles, se non addirittura per il gruppo parlamentare unico, da tempo auspicato ma mai realizzato a causa dei diversi orientamenti in politica internazionale tra pro e anti-Putin.

A NULLA È VALSO il tentativo avanzato in extremis dello stesso Afd di bandire il proprio leader da dichiarazioni pubbliche. Dopo qualche ora di riflessione in merito a come e quando la frattura dentro Id si sarebbe consumata, ieri pomeriggio il gruppo parlamentare ha decretato l’espulsione della delegazione tedesca «con effetto immediato». La decisione è stata presa comunque a maggioranza: a favore si sono espresse la delegazione francese di Rassemblement national e quella della Lega. La notizia è rimbalzata proprio mentre a Bruxelles si stava svolgendo il terzo, ma sicuramente più importante, in quanto quasi ufficiale, dibattito tra aspiranti presidenti della Commissione Ue. O con la parola complicata (perché tedesca) entrata nel gergo, gli Spitzenkandidaten.

L’EMICICLO DI BRUXELLES, in versione studio televisivo, con tanto di tentativo di risultare vagamente pop, ha ospitato il dibattito tra cinque capilista in rappresentanza dei gruppi politici presenti all’Eurocamera. Assenti gli esponenti della destre di Ecr, perché non hanno nominato il loro Spitzenkandidat, e di Id, perché il danese Anders Vistisen era solo portavoce. Per Left c’era il comunista austriaco Walter Baier, l’italiano (ma eletto in Francia) Sandro Gozi per i liberali di Renew Europe, la co-leader dei Greens, la tedesca Terry Reintke. Poi il socialista lussemburghese Nicolas Schmit, commissario in carica al Lavoro, e soprattutto la presidente della Commissione – uscente e ricandidata – Ursula von der Leyen per il Ppe.

«POTREBBE COLLABORARE con Giorgia Meloni in una futura maggioranza?», incalza la conduttrice (la giornalista dell’emittente pubblica fiamminga Vrt, Annelies Beck). In difficoltà, Ursula sfodera la sapienza democristiana: «Sto lavorando molto bene con Meloni al Consiglio europeo come faccio con tutti i capi di Stato e di governo». Ricorda che «il Parlamento europeo è molto differente dalle assemblee nazionali». Intanto perché si devono raggiungere compromessi per forza, altrimenti addio leggi. Poi perché molto dipende da «dove si collocheranno i parlamentari. Non parlo di gruppi ma di parlamentari. E al momento – sottolinea von der Leyen – non è chiaro come i gruppi saranno composti».

MA DOVE SI DOVRANNO mai collocare questi parlamentari? Von der Leyen divaga per arrivare al punto che le sta a cuore: con i singoli eurodeputati (magari quelli di Fdi) si può anche dialogare, al di là delle affiliazioni. Basta che vengano rispettati tre criteri: essere pro-Ue, pro-Kiev e anti-Putin, e a favore dello Stato di diritto. Chi ci sta dentro? Tutta Ecr forse no, ma Meloni, secondo Ursula, sì: dopo le elezioni «vedremo chi saranno i pro Europa e lei lo è, i contro Putin e lei lo è, e i pro stato diritto». Non così per Le Pen. Perché «partiti come Rassemblement National o Afd in Germania, possono avere nomi diversi e principi differenti, ma hanno una cosa in comune: sono amici di Putin e vogliono distruggere la nostra Europa – puntualizza la candidata Ppe – e noi non glielo permetteremo».

LA ROTTURA con il leader filorusso di Afd ha rimosso uno degli ostacoli per la convergenza tra la stessa Id e Ecr, i due diversi contenitori in cui si trovano oggi i partiti di estrema destra. Ma se vogliono incidere sul futuro governo europeo, conservatori e identitari dovranno guardare ai centristi del Ppe, con o senza von der Leyen alla guida, vero ago della bilancia di tutte le alleanze future. E, almeno all’inizio, stare alle loro regole.