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Von der Leyen: «Prezzi più bassi e sicurezza di approvvigionamento»

Von der Leyen:  «Prezzi più bassi e sicurezza di approvvigionamento»La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – Angelika Warmuth/Ap

Il limite ignoto Nuovo pacchetto energia, martedì la Commissione presenterà la sua sintesi delle diverse posizioni dei 27

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 11 settembre 2022

La Commissione ha pochissimo tempo per trovare un punto di convergenza tra le posizioni che sono venute alla luce al vertice Energia straordinario di venerdì, dove c’è stata l’unanimità per dire che bisogna fare qualcosa, e in fretta, per far calare il prezzo del gas e dell’elettricità, ma non c’è ancora intesa a 27 su quale sia la strada migliore. I ministri dell’Energia hanno dato mandato alla Commissione di studiare un «intervento temporaneo di emergenza» sul gas. Martedì la Commissione dovrebbe presentare la sua sintesi per un nuovo “pacchetto energia” e mercoledì ci saranno nuove indicazioni nel discorso sullo Stato dell’Unione della presidente Ursula von der Leyen, prima di un molto probabile nuovo Consiglio Energia straordinario prima di fine mese.

«SUL COSTO DEL GAS continuiamo a lavorare su risposte adatte al mercato globale», ha detto ieri von der Leyen. Tutti sono d’accordo sull’obiettivo: «Garantire prezzi più bassi in Europa e nel contempo la sicurezza di approvvigionamento». C’è chi chiede un tetto al prezzo del gas – chi solo per quello russo, le cui forniture sono in netto calo, chi per tutte le importazioni – chi si preoccupa invece di non perturbare il funzionamento del mercato al rischio di creare penuria. Per tutti i governi europei c’è lo spettro delle rivolte sociali, di gilet gialli dappertutto, con i partiti populisti all’arrembaggio per sfruttare la disperazione di famiglie e imprese strozzate dall’impennata dei prezzi dell’energia, mentre l’inverno di tutti i rischi si avvicina.

LE CINQUE PROPOSTE della Commissione, fatte mercoledì, sono state accolte bene. Anche se restano diverse sfumature nelle interpretazioni: bisogna diminuire i consumi (meno 15% approvato a luglio dal Consiglio, ma ora c’è tensione sull’obbligatorietà che Bruxelles vorrebbe imporre per una diminuzione del 5% nelle ore di punta). C’è accordo sul tetto ai profitti eccezionali fatti dai produttori di elettricità che non dipendono dal gas ma da fonti a più buon prezzo (nucleare, solare, eolico ecc.), che dovrebbe scattare intorno ai 200 euro il Kwh. È passato anche il «contributo di solidarietà» (da non chiamare “tassa” per non irritare i liberisti e non obbligare al voto a maggioranza che vige in materia fiscale) dei produttori di energia fossili, che si sono riempiti le cassaforti in questi mesi.

INTESA soprattutto sul via libera a versamenti di liquidità ai fornitori di energia, strozzati dai prezzi alti, che rischiano di trascinare tutto il sistema in una nuova crisi stile Lehman Brothers. La Ue, con il piano RePowerEu, varato a maggio, ha già fatto molta strada per diminuire la dipendenza dalle energie fossili russe. Ma tra l’Italia e il Belgio, che vogliono un price cap su tutti i fornitori di gas, e la Germania, che mette avanti i rischi, la distanza è ancora forte. «Abbiamo amici norvegesi che ci forniscono molto gas, amici statunitensi – ha spiegato il cancelliere Olaf Scholz – sappiamo che altri nel mondo fanno lo stesso»: per Berlino, la Ue non ha il diritto legale di bloccare i prezzi internazionali. La Germania, come l’Austria, teme soprattutto le penuria nella Ue, che, per il principio di solidarietà, obbligherebbe Berlino a cedere energia ai paesi più sprovvisti, cioè a quelli ancora molto dipendenti dal gas russo (Europa orientale).

I MINISTRI delle Finanze, riuniti a Praga, hanno affrontato l’altro aspetto della crisi: l’inflazione, che è del 9,1% (agosto), ma arriva al 20% nei Paesi Baltici. Nei paesi Ue ci sono già stati 244 miliardi di interventi a pioggia. Adesso bisognerebbe passare a «interventi mirati» a favore dei più vulnerabili (famiglie e imprese), ma è «complesso», ha ammesso il presidente dell’Eurogruppo, l’irlandese Paschal Donohe. Ma per molti paesi, tra cui la Francia, il “whatever it costs” non è più tenibile.

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