Nel suo comunicato la società petrolifera Lukoil parla di «morte dopo una grave malattia». Ma le circostanze attorno alla dipartita di Ravil Maganov, 68 anni, da due alla guida del consiglio di amministrazione, sono al centro dei più cupi sospetti: Maganov ha perso la vita dopo un volo di sei piani, dalla stanza di ospedale in cui si trovava da giorni per un problema cardiaco all’asfalto di un cortile interno. Gli inquirenti sostengono si sia sporto da una finestra per fumare.

Lo dicono sulla base di un pacchetto di sigarette trovato sul posto. Nessun segno che faccia pensare a un suicidio: niente biglietti, telefonate ai familiari, messaggi di addio.

L’IDEA CHE UNO dei più importanti manager del settore petrolifero possa uscire di scena in questo modo e in questo momento sembra, però, quantomeno insolita.

Anche perché i casi simili da quando la guerra in Ucraina è cominciata sono stati numerosi. A maggio, a Mosca, era morto Aleksander Subbotin, milionario ed ex manager di Lukoil. La polizia ha trovato il corpo nella casa di un santone conosciuto con il nome Magua. Era in una stanza dedicata ai riti voodoo giamaicani.

Magua ha detto di avere cercato di soccorrere Subbotin, che aveva bussato alla sua porta in preda ai fumi di alcool e droghe. A quanto sembra qualcosa è andato storto.

A luglio è stata la volta di Yuri Voronov, 61 anni, da tempo a capo di Astra Shipping, che si occupa di trasporti per conto di Gazprom nelle zone artiche. Galleggiava nella piscina della sua villa di San Pietroburgo con una pallottola in testa.

Sempre a San Pietroburgo si sarebbe suicidato allo stesso modo a gennaio Leonid Shulman, 60 anni, top manager di Gazprom e della sua sussidiaria Transgaz. A Transgaz, come vicedirettore per la sicurezza aziendale, aveva lavorato Aleksander Tyulyakov, altro sessantenne morto suicida a febbraio con un colpo di pistola.

DUE VICENDE se possibile ancora più macabre riguardano Vladislav Avaev e Sergeij Protosenya. Avaev, secondo la polizia, avrebbe ucciso il 18 aprile moglie e figlia nel suo appartamento di lusso lungo Universitetskij Prospekt, a Mosca, e poi si sarebbe tolto la vita. Era vicepresidente di GazpromBank.

Una strage che Protosenya tre giorni più tardi avrebbe compiuto con identiche modalità: aveva lavorato nella compagnia energetica Novatek, era riuscito a mettere da parte qualcosa come quattrocento milioni di euro e aveva lasciato la Russia per vivere in Francia.

La tragedia è avvenuta in Spagna, a Lloret de Mar, durante le festività pasquali. Sul caso le autorità locali hanno aperto un supplemento di indagine.

È complesso stabilire se questi sanguinosi eventi siano collegati, ed è ancora più difficile individuare con certezza una matrice comune. La scia di morti ravvicinate e rese simili da numerosi elementi alimenta, però, l’ipotesi di una possibile regia.

Nel caso di Maganov le motivazioni, anche politiche, non mancano. Lukoil è un colosso del petrolio con interessi dalla Siberia al Caucaso, sino all’Adriatico, e un importante investimento in Italia, al polo di Priolo, in provincia di Siracusa.

È stata anche la più importante azienda russa a chiedere apertamente al Cremlino di interrompere l’offensiva in Ucraina. Maganov era uno dei fondatori di Lukoil con Aleksei Alekperov che negli anni Settanta, nell’insediamento di Kogalym, un centinaio di chilometri a nord di Surgut, si era guadagnato grazie ai successi industriali il soprannome di «Alekpervij», un gioco di parole con il termine pervij, che in russo significa «primo».

QUANDO IL PARTITO comunista lo aveva chiamato a Mosca per un incarico nel governo, alcuni dicevano ironicamente che fosse un premio per essere riuscito a costruire il comunismo in una sola città.

Alekperov ha lasciato ogni incarico nella società ad aprile, ufficialmente senza una ragione ma, a quanto sembra, in aperta polemica con la decisione di spingere la Russia in guerra.
Oggi a Lukoil potrebbe essere tutto pronto per un radicale cambiamento ai vertici.