Cultura

Voci in una valigia

Voci in una valigiaLe audiocassette e la valigia del progetto Voci dalla storia

Intervista La psicoterapeuta Fiorella Rodella racconta la storia delle testimonianze che ha raccolto per la sua tesi di laurea (nel 1995), in cui scorrono le vicende dei deportati con il triangolo rosso, quelli politici. Oggi sbobinate e digitalizzate, hanno fornito materiale anche per due spettacoli teatrali e laboratori con le scuole. «Ai figli hanno raccontato poco, sono i nipoti oggi a raccogliere la staffetta, c’è stato bisogno di saltare una generazione. È stata una forma di difesa e pudore, un modo per proteggersi e proteggerli»

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 27 gennaio 2024

Una valigia con trentatré audiocassette, conservata in un armadio per venticinque anni, contiene le voci di cinquanta prigionieri politici deportati come triangoli rossi nei campi di concentramento di Auschwitz, Mauthausen, Dachau, Buchenwald. Un patrimonio prezioso di testimonianze custodito da Fiorella Rodella, psicoterapeuta che, nel 1995, per la tesi di laurea in Psicologia clinica all’Università di Padova, decide di lavorare sulle conseguenze psicopatologiche dopo l’internamento per scoprire, dopo cinquant’anni, cosa quell’esperienza avesse lasciato in chi aveva subito quel trauma.
«Ho messo a confronto i racconti dei deportati, fra i diciotto e i vent’anni, con quelli di altrettanti partigiani non deportati – spiega Rodella –. Grazie alla lista dei nominativi ricevuta dall’allora presidente dell’Aned, Osvaldo Corazza, mi sono messa alla ricerca dei sopravvissuti».

LA SUA INDAGINE ha evidenziato le diverse occasioni per cui si diveniva «nemici». «Non tutti erano partigiani, a volte si veniva rastrellati casualmente, per ripicca, per renitenza alla leva o per aver partecipato a scioperi. Fra loro c’erano solo sei donne, quasi nessuno aveva mai parlato prima. Le domande erano uguali per tutti, seguivo delle griglie: il momento dell’arresto, gli interrogatori, l’internamento, i disturbi alimentari e le malattie organiche o da post traumatico da stress e le sindromi depressive sviluppate dopo. Ho viaggiato fra Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna. Per raggiungerli prendevo pullman e treni. L’accoglienza era una cerimonia speciale, mi aspettavano sulla porta, era un incontro atteso, mi preparavano tagliatelle e tortellini. Anche per me era speciale, si maneggiavano cose delicate. Durante l’intervista, realizzata con il walkman, eravamo solo noi, nel tinello, per una forma di pudore e riservatezza. Di certi episodi non sapevano nulla neanche i coniugi. Molte volte interrompevo la registrazione, per rispettare la dignità del trauma che andava accolta, ma non esibita, i silenzi e il vuoto sul nastro erano altrettanto potenti. Ero grata che parlassero con me, da parte mia c’era quasi la necessità di risarcirli con l’ascolto».
«Fra i racconti – nota ancora la psicoterapeuta – emergeva come mangiassero proteggendo il piatto o tenendo un vasetto di molliche di pane sul comodino per la necessità di avere del cibo vicino. Sopravvivere ai lager è molto difficile, in seguito sono sopraggiunte diverse patologie psicosomatiche, depressive. I loro corpi hanno vissuto prove durissime, rimaste registrate a livello psichico e organico. Anche l’abbaiare di un cane o una porta che sbatte. Ai figli hanno raccontato poco, i nipoti invece stanno raccogliendo la staffetta, c’è stato bisogno di saltare una generazione per farlo. È stata una forma di difesa e pudore verso i figli, un modo per proteggersi e proteggerli».

DOPO AVER MANTENUTO i contatti con gli ex deportati, Fiorella Rodella ha interrotto quel rapporto perché era intossicata avendo accolto per un anno tutto quell’orrore. «Dopo la tesi mandai una lettera di ringraziamento – ricorda – questo dopo venticinque anni ha permesso di riaprire la valigia che ho portato in tutte le mie case e nella vita, la custodivo ed è rimasta ben presente, occupava un posto importante».
L’origine del progetto risale al 2019 quando l’Unione Reno Galliera, otto comuni della città metropolitana di Bologna, ha organizzato una mostra dedicata all’ex deportato Athos Minarelli. «Il figlio Aurelio aveva trovato la lettera, era arrivato il momento che stavo aspettando, altrimenti non avrei conservato la valigia per tutti quegli anni. Era anche un periodo storico in cui arrivavano le notizie delle torture in Libia. Il mio nome aveva un’eco nelle famiglie, un altro figlio che non conosceva la storia del padre, dopo la sua morte mi ha chiesto di sentire la sua voce. È stato fondamentale che io ci fossi ancora, come testimone. Il padre non c’era più, ma la voce continuava, e lui era pronto ad ascoltarla, è stato un modo per trasformare quel trauma».

LA PARTE DELLA RICERCA sui partigiani non deportati, che non è stata registrata, è di tutt’altro tenore rispetto al trauma nato nei campi. I partigiani hanno sofferto e si sono sentiti meno visti nel loro internamento, sebbene avessero vissuto le stesse esperienze nei campi.
Da questa dolorosa ricerca Fiorella Rodella ha imparato «l’importanza dell’interesse per l’altro, l’ascolto, e l’essere creduti, quello che accade in terapia. Ogni paziente è prezioso e sono grata che si affidi a me, come hanno fatto i deportati dandomi fiducia».
Fabrizio Tosi, vicepresidente di Aned Bologna e consigliere nazionale, ha definito il contenuto della valigia «una sorpresa non inaspettata e importantissima». Oggi che i testimoni non ci sono più, l’associazione culturale Liberty, che nel 2020 ha fatto digitalizzare gli audio dal laboratorio di restauro l’Immagine Ritrovata, e da poco ha ultimato la sbobinatura, ha ideato il progetto Voci dalla Storia. Una serie di incontri e laboratori con le scuole, e due spettacoli teatrali: Volevo Risarcirvi della compagnia Menoventi, drammaturgia di Gianni Farina, e il solo KZ della coreografa e danzatrice Paola Bianchi.
Questo archivio sarà trattato con cura coinvolgendo studiosi e artisti. Gli spettacoli torneranno in scena nel corso del 2024, e Alessandro Amato, curatore del progetto, confida in una prossima fruizione nelle biblioteche e in una scatola con le voci in grado di viaggiare e portare le storie in giro per l’Italia, in una staffetta mobile.

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