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Vittime dell’uragano e del sospetto. I sopravvissuti di Helene

Un cartelleno della campagna di Kamala Harris si erge alto sopra il River Arts District spazzato dall'uragano ad Asheville, nella Carolina del Nord foto ApUn manifesto elettorale della campagna democratica a Sheville, North Carolina – Angelina Katsanis/Ap

North Carolina in bilico Viaggio nello Stato conteso da democratici e repubblicani, dove persino le fake news danneggiano l'ambiente

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 23 ottobre 2024
Marina Catucci FAYETTEVILLE

La tendenza politica del North Carolina, uno stato che a novembre potrebbe fare la differenza, in questo momento alterna aree democratiche e aree repubblicane, con Kamala Harris e Donald Trump in un costante testa a testa. Questo è evidente dai (pochi) cartelli elettorali che si vedono davanti le case e che vanno a ondate: due o tre uno dietro l’altro per Trump, poi, più in là, altri due o tre per Harris. Nella zona sud ovest della regione, però, quello che la connota è il disastro che l’uragano Helene ha lasciato dietro di sé.

LA SITUAZIONE è complicata dalle dichiarazioni di Trump che ha ripetuto una fake news diffusa su Facebook per invitare la popolazione del North Carolina a non chiedere aiuti alla protezione civile Usa, la Federal Emergency Management Agency, Fema, in quanto «se i prestiti non verranno ripagati vi confischeranno la terra». L’ennesima in una serie di affermazioni false dopo la devastazione dell’uragano Helene, tra cui quella secondo cui Washington starebbe intenzionalmente trattenendo gli aiuti ai repubblicani bisognosi, e che mancano fondi in quanto sono stati usati per i migranti, anche se in realtà si tratta di due capitoli di spesa ben distinti. Queste menzogne hanno causato problemi reali: alcuni abitanti del North Carolina hanno aggredito gli operatori della Fema che hanno smesso di andare porta a porta a offrire assistenza, e i cittadini non si recano volontariamente alla sede della Fema per chiedere i sussidi di cui hanno bisogno, per paura di perdere le loro proprietà.

QUESTA TEMPESTA perfetta ha aumentato i problemi delle zone più danneggiate e repubblicane, dove l’aiuto viene accettato più facilmente quando arriva da singoli privati, come nel caso di Kim e Nicole, madre e figlia texane che, in una stazione di servizio semidistrutta, hanno implementato un punto di distribuzione di beni di prima necessità, in quanto, a loro detta, il governo non si fa vedere e non dà aiuti. Dormono in una tenda da dieci giorni e non sono mai uscite dal perimetro della stazione di servizio da quando sono arrivate.
Le loro intenzioni, come quelle di altri che sono arrivati per portare aiuti, sono ammirevoli ma nelle loro dichiarazioni c’è lo scetticismo per un governo «che non fa nulla», alimentando così questa falsa narrazione.
Gli aiuti vengono accettati volentieri anche nelle aree democratiche, come Asheville, cittadina super liberal, pesantemente impattata da Helene, ma con molti distinguo. «Sono arrivate anche le milizie di destra – dice Marlene che fa da volontaria per il recupero di un centro culturale e artistico autogestito che era il cuore della comunità di artisti di Asheville – Non qua, perché li cacceremmo, ma nei paesi repubblicani si vedono. Io invece sono andata a dare subito il mio voto anticipato» conclude indicando la maglietta per Harris che indossa. «È tutto molto contraddittorio – interviene Janette Montenegro Tayler, cubana della Florida trapiantata ad Asheville – Vedo gente con l’adesivo ‘no ad Harris e al socialismo’ fare la fila per ricevere gli aiuti della Fema, e vorrei dire: ‘Guarda che questo è il socialismo, quando lo stato ti aiuta’. C’è bisogno di questo come dell’incredibile aiuto che sta dando la comunità».

A CAUSA dei margini di errore così stretti fra i due candidati, in North Carolina nelle ultime settimane prima del voto non passa giorno che non ci sia un comizio, e il partito democratico sta sparando tutte le cartucce a sua disposizione. A macinare comizi al ritmo di due, tre al giorno, per dare una spallata a sinistra al voto anticipato che si è appena aperto, è arrivato Bill Clinton, a parlare, stringere mani, distribuire abbracci, fare selfie, ascoltare le persone che lo avvicinavano, sfoderando un carisma e una capacità comunicativa che, nel suo intervento alla convention dem di agosto, sembrava svanito. Il suo giro è un classico tour elettorale fatto in autobus che setaccia il territorio palmo a palmo, e quando all’orizzonte appare questo mega bus blu con la scritta Harris Walz, già iniziano gli applausi.
«Ho quasi la stessa età di Trump – dice il 78enne Clinton dal palco – Non correrò più per nulla se non per il futuro dei miei nipoti, e so cosa è meglio per il loro futuro: Kamala Harris e Tim Walz». Parlando del programma sanitario Obamacare, ricorda che durante l’amministrazione Trump, se non fosse stato per il defunto senatore repubblicano John McCain, il Congresso a guida Gop lo avrebbe cancellato, «e non pensate che non lo faranno se darete loro di nuovo la Casa bianca», aggiunge.

GLI CHIEDIAMO qual è la fascia elettorale più difficile da portare al voto. «Paradossalmente è quella che avrebbe più bisogno di votare – ci risponde – È quella parte di elettori che si sente marginalizzata e pensa che il suo voto non farà la differenza, che non otterrà nulla votando, o peggio ancora, che deve stare lontana dal governo, che teme il governo. Vedi quello che sta accadendo ora proprio qui in North Carolina. C’è appena stato un uragano devastante e ci sono intere fasce di popolazione che rifiutano gli aiuti governativi per timore del governo federale e dei suoi rappresentanti. Questa è la situazione che è in corso oggi. Questa è la fascia elettorale a cui dobbiamo rivolgerci in questo momento, e questa diffidenza è la situazione che dobbiamo sanare».

LA DIFFIDENZA nelle aree repubblicane è tangibile. Alcuni volontari ci consigliano prudenza e di non approcciare chi vive isolato nelle montagne perché potrebbe essere pericoloso.
Sarah è suo marito vengono dal South Carolina, e in quelle zone vanno con cautela «perché siamo originari della zona e alla fine ci accettano». Portano medicine, vitamine, materiali di pronto soccorso. Si sono conosciuti quando erano militari in Iraq, lei infermiera di rianimazione e lui paramedico. «Molti sono davvero terrorizzati all’idea di perdere la propria terra – ci dice suo marito – È difficile anche per noi aiutarli». Ci indica l’argine del fiume dove delle case sono state spazzate via: «Un uomo si è rifiutato di seguire la Fema che cercava di evacuare l’area – spiega – è stato portato via con la sua casa. Il suo corpo sarà da qualche parte alla fine del fiume».

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