Nella notte tra venerdì e sabato a San Lorenzo Nuovo, in provincia di Viterbo, una tremenda esplosione ha distrutto una palazzina di due piani che ospitava un centro d’accoglienza per migranti. 31 persone, tra cui ci sarebbero anche dei minori, sono rimaste ferite. Diciannove sono state medicate e dimesse in poche ore, mentre ieri sera altre dodici risultavano ancora ricoverate negli ospedali di Lazio e Toscana per ustioni e ferite da schiacciamento. Quattro sono in condizioni più gravi, tra cui una donna in prognosi riservata ma non in pericolo di vita.

La procura ha aperto un’inchiesta per disastro colposo. Inizialmente si era pensato a una fuga di gas ma il presidente di Ospita Srl, ente gestore della struttura, ha dichiarato che gli impianti per cucinare e per il riscaldamento sono tutti elettrici. «Non siamo in grado di capire cosa sia successo», ha affermato Guido Cuore. Dovranno stabilirlo le indagini: la deflagrazione è stata così potente da far crollare l’intera facciata dell’edificio e i muri di due locali adiacenti, una falegnameria e un’azienda di produzione vinicola.

Il presidente della regione Lazio Francesco Rocca ha espresso «vicinanza alle famiglie colpite dall’esplosione». «Destano grande preoccupazione le notizie che arrivano da San Lorenzo Nuovo», ha dichiarato Luisa Regimenti, assessora regionale a Personale, sicurezza urbana, polizia locale ed enti locali. «In apprensione» si dice la Lega per bocca del senatore Claudio Durigon.

Per Marta Bonafoni, consigliera regionale d’opposizione e coordinatrice della segreteria nazionale Pd, «al di là di ciò che emergerà, rimane al momento la consapevolezza del fallimento di un modello di gestione basato sui Centri d’accoglienza straordinari». Anche Filippo Miraglia (Arci immigrazione) punta il dito contro il sistema d’accoglienza: «Dopo un numero esorbitante di provvedimenti legislativi in un tempo brevissimo, senza precedenti nella storia repubblicana, nessuno dei problemi del sistema è stato affrontato, per non dire risolto. La situazione è allo sbando».