Venice Immersive, avvicinamenti progressivi
Venezia 81 Alto il livello di sperimentazione che emerge dalle 63 opere in programma nella sezione speciale dedicata al cinema immersivo
Venezia 81 Alto il livello di sperimentazione che emerge dalle 63 opere in programma nella sezione speciale dedicata al cinema immersivo
Anche quest’anno Liz Rosenthal e Michel Reilhac portano al Lido una selezione eclettica di progetti immersivi provenienti da oltre venti paesi del mondo. I due consulenti che ormai da anni lavorano alla sezione Venice Immersive della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale continuano a incoraggiare una cultura espositiva per i nuovi formati all’incrocio tra cinema, arti visive, musica e mondi di gioco. Le trasformazioni in corso sono tante e come mostrarle, promuoverle e discuterne resta un dibattito cruciale per il futuro delle arti immersive.
Le 63 opere presentate nelle diverse sezioni del programma sono infatti di natura estremamente varia e ci restituiscono la misura della sperimentazione portata avanti da questi formati. Mentre i contenuti delle opere in realtà virtuale a 360 gradi continuano a essere perfezionati e presentati nella selezione del Concorso, la contaminazione tra media e l’integrazione di tecniche volte ad ampliare le possibilità di percezione dello spazio e dello storytelling apre oggi uno scenario interessante per le opere di cosiddetta realtà mista ed espansa. Ancora difficilmente catalogabili nonché descrivibili, questi progetti sono l’esempio di un processo di impollinazione tra tecniche e piattaforme che rende questo panorama produttivo un orizzonte estremamente interessante da tenere sotto osservazione.
Che sia l’ambiente acquatico presentato nel lavoro di realtà virtuale Une eau la nuit di Chélanie Beaudin-Quintin e Caroline Laurin-Beaucage o siano le trincee di Verdun della Prima Guerra Mondiale materializzate dal progetto Champ de Bataille di Francois Vautier, la maggior parte delle opere in Concorso indaga con radicalità le possibilità percettive legate allo spazio. Che si tratti della fusione tra realtà fisica e virtuale come nel lavoro di coreografia partecipativa Ur Head di Tung-Yen Chou o dell’approccio multisensoriale all’immersività come in Mammary Mountain di Tara Baoth Mooney, Camille C. Baker e Maf’j Alvarez, la sperimentazione di nuove soluzioni spettatoriali accomuna numerosi progetti. Se gli ambienti del pianeta, i territori della mente, i luoghi inaccessibili o sommersi dal tempo sono alcuni degli spazi da abitare attraverso questi nuovi formati, la salute psichica, le storie collettivi, le ferite sopportate dai corpi e la vitalità degli ecosistemi non umani sono i temi che ricorrono maggiormente nel programma.
Il progetto di fantascienza In the Realm of Ripley creato da Chuck Chae, artista già premiato nel 2018 a Venezia per Buddy VR, è un viaggio nella memoria di un testimone trovato in coma sulla scena del crimine. Qui cinema, realtà virtuale e intelligenza artificiale collaborano creando un nuovo formato transmediale in cui pubblico reale e virtuale assiste, collabora e partecipa attivamente alla costruzione del racconto. Address Unknown: Fukushima Now di Arif Khan porta il pubblico a incontrare i sopravvissuti del disastro nucleare di Fukushima e a confrontarsi con l’impatto duraturo che ha avuto sulla popolazione e sull’ambiente. Così la tecnologia di acquisizione volumetrica e la fotogrammetria sono funzionali anche alla ricostruzione di spazi della memoria e di quei luoghi in cui non è più possibile tornare. Anche Symbiosis/\Dysbiosis: Sentience dell’artista interdisciplinare Tosca Terån va in questa direzione.
Mondi virtuali e performance dal vivo si fondono portando il pubblico a esplorare l’intelligenza degli intrecci multi-specie all’interno di una foresta microbica. Reti di viventi a noi invisibili che riusciamo così a percepire e riconoscere grazie anche a un potente lavoro sul paesaggio sonoro. Come nel cinema contemporaneo così anche e soprattutto in questi progetti immersivi la più atmosferica delle arti si combina con le contemporanee tecnologie della sensibilità dando vita a sperimentazioni inedite. Del lavoro combinato tra sonoro e tecnologie aptiche sono senz’altro un esempio i progetti in Concorso Ceci est mon cœur di Stéphane Hueber-Blies e Nicolas Blies e The Art of Change di Simone Fougnier e Vincent Rooijers.
Una delle novità progettuali di quest’anno riguarda però la selezione Best Of che da sempre intende fare il punto sul panorama produttivo degli ultimi dodici mesi. Oltre alle opere consuetamente selezionate per rappresentare lo scenario internazionale nelle sue espressioni creative e tecnologiche più interessanti, questa sezione presenterà anche 20 Mondi Virtuali. Si tratta di ambienti generati al computer da artisti indipendenti grazie alla piattaforma VRChat. Ambienti immersivi a cui si accede tramite avatar e a cui è normalmente dedicata una sezione separata dalla competizione ufficiale. Da ormai quattro edizioni, infatti, la Mostra presenta una galleria di mondi di gioco, ciascuno con le proprie caratteristiche, da esplorare e in cui interagire insieme ad altri avatar. Le espressioni creative e le implicazioni sociali legate alle piattaforme social di realtà virtuale sono un orizzonte a cui i due curatori guardano con attenzione da tempo e questa scelta sembra orientata a sostenere, anche da un punto di vista di mercato, una cultura produttiva che è nata con le tecnologie immersive e che con esse si sta espandendo.
La giuria composta quest’anno da Celine Daemen, Marion Burger e Adriaan Lokman è chiamata a valutare i progetti per assegnare i tre premi Venice Immersive: il Gran Premio, il Premio Speciale della Giuria e il Premio per la Realizzazione.
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