In Georgia il puzzle della memoria tra esili e migrazioni
Venezia 81 Il caso del film di Rusudan Glurjdze «Antikvariati» alle Giornate degli autori, bloccato e e poi «liberato»
Venezia 81 Il caso del film di Rusudan Glurjdze «Antikvariati» alle Giornate degli autori, bloccato e e poi «liberato»
Per capire le dinamiche che hanno scatenato la questione di Antikvariati, il film georgiano alle Giornate degli autori, bloccato dal Tribunale di Venezia con l’accusa di avere violato il copyright mossa da alcune società di produzione russe tra cui Viva Film, e poi «liberato» si deve risalire al 2006, che è quando si ambienta in Georgia, il paese della regista, Rusudan Glurjidze. L’anno cioè della guerra separatista dell’Ossezia del sud, armata e supportata dalla Russia che mai ha accettato l’indipendenza georgiana, con Putin che poco dopo occuperà annettendola la Crimea continuando la propria politica colonialista fino all’aggressione dell’Ucraina.
Mentre la Georgia, sempre più stritolata, si ritrova adesso un governo filo-russo antiabortista che ha proposto la legge modellata su quella russa dell’«influenza straniera» in cui fra le altre cose si inasprisce il controllo su media e ong esacerbando il conflitto interno che oppone i filorussi a chi invece vorrebbe entrare in Europa.
IL FILM di Glurjidze nel confronto con l’umanità che lo abita sposta il centro narrativo da quella che poteva essere una ricostruzione storica – in cui si palesa il presente dell’operazione speciale e della guerra ucraina – al racconto di una reazione che è anche un «puzzle» della memoria di un paese nel segno degli esili e delle migrazioni.
C’è una giovane donna georgiana che si chiama Medea (Salome Demuria), e che acquista a un prezzo irrisorio una meravigliosa casa nel centro di San Pietroburgo perché il suo proprietario, Vadim, un anziano signore ottantenne pieno di suggestioni delle figure classiche nella letteratura russa, vi continuerà a abitare sino alla morte. L’appartamento è affollato di oggetti molto belli, e antichi, di fantasmagorie famigliari anche se chiuse in un armadio. E quello dell’antico è il campo in cui lavora il compagno della giovane donna, trafficando mobili d’epoca fra Georgia e Russia, ragione per la quale lei lo ha lasciato.
Antico – che è il titolo del film, – si fa la dimensione che fonde le storie e la storia, e nell’incontro dei due neo-coinquilini diviene lente di una realtà sempre pronta a esplodere. Il loro è un confronto generazionale ma anche, o forse soprattutto, un modo per mettere di fronte due paesi vicini e opposti dalla politica mostrando in quanto accadrà a Medea una ferita traumatica e dolorosa che riguarda i georgiani ma che si fa, ancora una volta, specchio di ciò che è continuamente messo in atto nel mondo.
CON LA GUERRA del 2006 circa quattromila georgiani vengono rimpatriati di forza dalla Russia a Tbilisi, sono appunto come Medea, persone che hanno un lavoro, una casa, una vita azzerate all’improvviso da questa violenza. La donna è costretta a nascondersi, il paesaggio innevato è attraversato dalle sirene delle retate, le deportazioni – «un’operazione speciale» come dice la voce di Putin alla radio – vengono condannate dalla Corte dei diritti dell’uomo.
L’autrice forse a volte si perde, si lascia trasportare dall’emozione di quella che è anche la sua ferita ma nel confronto trova comunque la distanza necessaria alla sua narrazione, in quello che è un film semplice ma con la forza di dirci del mondo senza retorica.
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