Quelle strane storie di figli e figliastri
Venezia 81 Alla Mostra del Cinema si creano fili rossi che appartengono allo sguardo di chi entra in sala un po’ per lavoro, un po’ per passione, un po’ perché animato dalla curiosità.
Venezia 81 Alla Mostra del Cinema si creano fili rossi che appartengono allo sguardo di chi entra in sala un po’ per lavoro, un po’ per passione, un po’ perché animato dalla curiosità.
Alla Mostra del Cinema si creano fili rossi che appartengono allo sguardo di chi entra in sala un po’ per lavoro, un po’ per passione, un po’ perché animato dalla curiosità. Collegamenti che certamente non sono provocati dai filmmaker, inconsapevoli di appartenere a una fragile e approssimativa tendenza. Ovviamente si potrebbe attribuire qualche responsabilità a selezionatrici e selezionatori che magari, senza volerlo, hanno scelto opere seguendo uno schema. Non sarebbe giusto! Perché ai festival le vie che portano al grande schermo sono imprevedibili. Tutto può accadere, dalle prenotazioni ai bip che scandiscono il definitivo accesso alla sala.
IN QUESTA EDIZIONE della Mostra, per andare al punto, è capitato spesso di avere a che fare con storie di figlie e figli, a partire dal Leone d’Argento, Vermiglio di Maura Delpero. E non solo. Ad esempio, in Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, Matteo Messina Denaro potrebbe esporsi a un rischio proprio per tessere una relazione con un figlio non riconosciuto, poi sappiamo come andrà a finire. Mentre in The Order di Justin Kurzel, i bambini vivono nella più classica epoca dell’innocenza. Mentre un giovane padre poliziotto varca il confine che lo conduce sulle tracce del male, nei recinti famigliari è ancora il momento dei giochi. Il paradiso terrestre, però, non è fatto per resistere al nostro mondo.
La Maria di Pablo Larraín non ha figli ma è stata lei stessa figlia nell’orrore della guerra, del nazionalsocialismo, della radicale disumanità che si nutre di corpi e di canti. E pure il Joker di Todd Phillips è un figlio offeso da chi lo ha generato. Ma in questo caso, al contrario di Callas, nessun talento verrà in soccorso ad Arthur Fleck. Più scanzonati sono i neonati in El Jockey di Luis Ortega che aprono, chiudono e riaprono i circoli della vita. Viziosi o virtuosi, lo deciderà un destino imponderabile.
PIOMBIAMO ancora nel buio del nostro piccolo universo, con Stranger Eyes di Siew Hua Yeo. Qui si parte immediatamente con la scomparsa di una bimba. Anche se poi, il regista di Singapore si concentra di più su una madre e un padre che, cercando ossessivamente un proprio centro di gravità, hanno dimenticato il senso delle relazioni e si abbandonano a un tecnologico e asfissiante voyeurismo.
Si potrebbe continuare con le altre sezioni. Non completeremmo comunque la lista. Perché se è semplice farsi un’idea (sbagliata), è sicuramente impossibile vedere tutto.
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