Venezuela, ucciso candidato all’Assemblea costituente
Caracas José Luis Rivas Aranguren rappresentava i lavoratori motorizzati
Caracas José Luis Rivas Aranguren rappresentava i lavoratori motorizzati
In Venezuela è stato ammazzato José Luis Rivas Aranguren, candidato all’Assemblea nazionale costituente (Anc) . Stava per iniziare un comizio insieme ad altri candidati nello stadio 23 de Enero, nel comune di Girardot (Stato Aragua), quando è stato raggiunto da colpi di pistola. Anche altre persone sono rimaste ferite. Rivas Aranguren, 41 anni, si presentava per il Sector Motorizados, in rappresentanza di tutte le categorie di lavoratori che usano la moto ed era presidente del Frente de Motorizados José Leonardo de Girardot.
DOMENICA, durante l’ennesima giornata di blocchi stradali e violenze, organizzata dall’opposizione oltranzista, una bomba artigianale comandata a distanza ha ferito gravemente 7 soldati della Guardia Nacional Bolivariana (Gnb), che pattugliavano in moto. Il giorno precedente, la polizia ha impedito che un linciaggio, in pieno corso nel quartiere El Paraiso (uno dei focolai delle violenze di opposizione) terminasse con un altro omicidio. Un uomo era già stato denudato e pesantemente torturato sotto un cartello «chavista morto».
SONO GIÀ 30 i «crimini di odio» commessi dall’inizio di aprile, quando sono iniziate le «guarimbas» delle destre. Lo scenario è sempre lo stesso: incappucciati accerchiano la vittima e la seviziano, finendola in un coro di: «Dagli al chavista». Nei video che circolano sulle reti sociali, colpisce la «normalità» con cui chi non interviene assiste al linciaggio. Il giornalista Basem Tajeldine ha diffuso ieri un’altra testimonianza del linciaggio di un presunto ladro, di cui è stato testimone agghiacciato nella zona di classe media di Lomas del Avila.
TAJELDINE descrive la mattanza di gruppo con tanto di cori alle finestre, battiture di pentole e urla di incitamento: «Ammazzate il ladro. Dev’essere un chavista. Più forte. Che muoia, il maledetto». Una donna che, da una finestra, osa dire: «Basta, niente può giustificare un’aberrazione simile» viene pesantemente minacciata: «Fuori, maledetta chavista. Muori anche tu».
SCRIVE il giornalista: «Viviamo in tempi bui, di barbarie capitalista. Come ai tempi del nazismo, ideologie nefaste sorte dalla paura della borghesia s’impadroniscono della cosiddetta classe media… Così è cominciato il paramilitarismo in Colombia. Quanto dolore e impotenza provo…». In uno scenario analogo era stata fotografata la targa della moto di un italiano, sospettato di essere uno degli incappucciati che ha dato alle fiamme il giovane Orlando Figuera, e ricercato: per la stampa, un innocente «paramedico», per gli inquirenti, un imprenditore attivo nella guerra economica contro il governo.
D’ALTRO CANTO, molti siti di opposizione e reti locali (per esempio «maduradas», che si dedica a deridere il presidente) rivendicano i linciaggi. Quanta responsabilità hanno in questa escalation di odio coloro che raccontano la favola dei «pacifici manifestanti oppressi dalla dittatura» e li proteggono? A chiederselo non è solo il Defensor del Pueblo, Tareck Saab, che ha presentato il rapporto sui «crimini di odio».
MA IL 18 LUGLIO alle 14, il ministro degli Esteri Angelino Alfano terrà nell’Aula della Camera «una informativa urgente sulla situazione in Venezuela», richiesta da Fabio Porta, l’amico dei costruttori italo-venezuelani (Pd) che in gran parte finanziano le «guarimbas». Domenica prossima, il chavismo organizza una prima grande mobilitazione in vista del voto del 30 luglio sull’Anc. Nello stesso giorno, l’opposizione ha indetto un «referendum» privo di base legale, ma preludio a una sorta di «governo parallelo» benedetto dai poteri forti: dagli Usa all’America latina, dall’Europa all’Italia.
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