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Venezuela, la fuga di Urrutia suona come una resa

Venezuela, la fuga di Urrutia suona come una resaAlcuni venezuelani dimostrano sostegno a Edmundo González Urrutia a Madrid – Ap

America latina Il procuratore generale: «Opera buffa». Continua l’assedio all’ambasciata argentina

Pubblicato circa un mese faEdizione del 10 settembre 2024

Le accuse di brogli – per quanto diplomaticamente espresse – anche da parte di paesi alleati o comunque non pregiudizievolmente ostili al governo bolivariano non hanno indotto Maduro a tenere un profilo basso. Tra l’assedio all’ambasciata argentina e l’esilio forzato del candidato della Piattaforma unitaria Edmundo González Urrutia, il presidente venezuelano, proclamato vincitore delle elezioni del 28 luglio senza uno straccio di prova, continua al contrario a far parlare di sé, sfidando mezzo mondo.

DI CERTO, la fuga non proprio onorevole di González in Spagna, motivata quanto si vuole dalla paura di finire in galera, è una chiara sconfitta politica per l’opposizione di destra, ponendo una pietra tombale sulle sue speranze, tra l’altro assai deboli, di una transizione politica. E per quanto la leader della Piattaforma unitaria María Corina Machado abbia cercato una giustificazione nell’«ossessione del regime» di «metterlo a tacere e cercare di sottometterlo», assicurando che «Edmundo combatterà da fuori a fianco della diaspora venezuelana», mentre lei continuerà a farlo nel paese, il suo esilio suona inevitabilmente come una resa.

COME TALE, in effetti, l’ha considerato il governo Maduro, il quale peraltro difficilmente avrebbe acconsentito all’arresto dell’ex candidato, non essendosi spinto a un tale passo neppure nei confronti di Juan Guaidó. Non a caso è stato tanto solerte e rapido prima nel fornirgli il salvacondotto e poi nel dare l’annuncio del suo esilio.
«I governi di Spagna e Venezuela hanno concordato di concedere un salvacondotto al cittadino Edmundo González Urrutia affinché potesse lasciare il territorio nazionale e usufruire dell’asilo concesso dalla Spagna», ha spiegato il procuratore generale Tarek William il Saab. Per poi aggiungere: la sua partenza «chiude la breve stagione di un’opera umoristica di un genere che potrei chiamare teatro buffo. Un’opera mediocre che ha causato ansia, sangue, sudore e lacrime a spettatori innocenti».

NON C’È STATA invece, almeno finora, la temuta irruzione delle forze di sicurezza venezuelane nell’ambasciata argentina a Caracas, dove dallo scorso marzo hanno trovato rifugio sei dirigenti politici dell’opposizione di destra. Ma l’assedio della sede diplomatica, della cui custodia si occupa dal primo agosto il Brasile in seguito all’espulsione dei suoi rappresentanti (e di quelli di altri sei paesi) da parte di Maduro, si è trasformato in un nuovo motivo di conflitto con il governo brasiliano.
Non è stata infatti per nulla presa bene dal presidente Lula la decisione del governo bolivariano di togliere al Brasile la gestione della rappresentanza diplomatica e consolare argentina, giustificata da presunte prove riguardo alla pianificazione al suo interno di attività terroristiche e di attentati contro Maduro. Una decisione a cui il Ministero degli affari esteri brasiliano ha reagito con un comunicato assai secco: «Il Brasile continua a rappresentare gli interessi dell’Argentina. Se il Venezuela vuole revocare tale autorizzazione, deve aspettare che si trovi un paese sostituto. Di conseguenza, continuiamo ad assumere tale responsabilità».

E NON È STATO più tenero il consigliere speciale di Lula per gli affari internazionali Celso Amorim, il quale si è detto «colpito» da una misura che, ha spiegato, calpesta «un principio noto del diritto internazionale come la protezione di interessi di paesi terzi»: «È chiaro – ha detto – che avrà ripercussioni politiche».
Benché fortemente irritato, Lula non ha tuttavia ancora intenzione di rompere con il suo antico alleato. Il governo venezuelano, ha ammesso, «lascia molto a desiderare» riguardo alla mancata presentazione della documentazione elettorale e non sarà riconosciuto dal Brasile, ha assicurato, finché gli atti non verranno pubblicati. Ma il suo governo continuerà a cercare vie per una soluzione alla crisi, ha proseguito Lula, scartando la rottura delle relazioni diplomatiche con Caracas e criticando contestualmente il ricorso alle sanzioni internazionali.

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