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Banche, l’estratto conto all’Amazzonia

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Energia Le grandi banche lasciano il polmone del mondo alla mercé delle imprese fossili. Un report di Coica (indigene) e di Stand.Earth contro le estrazioni di gas e petrolio

Pubblicato circa un mese faEdizione del 12 settembre 2024
Michele BertelliQUITO (ECUADOR)

Nonostante le tante promesse, le maggiori banche internazionali non hanno ancora messo in atto politiche efficaci per proteggere l’Amazzonia, e anzi continuano a finanziare l’estrazione di gas e petrolio dalla foresta pluviale. È quanto denunciano nel report Greenwashing the Amazon il Coordinamento delle organizzazioni indigene del bacino amazzonico (COICA) e l’organizzazione ambientalista Stand.Earth. «Qualunque investimento per l’estrattivismo nell’Amazzonia rappresenta un attentato contro ogni vita senziente nella foresta, dato che si tratta dell’ecosistema più strategico del mondo, ma è anche estremamente fragile», spiega al manifesto Fany Kuiru, rappresentante del popolo Uitoto del clan Jitomagaro della Colombia e presidente di Coica.

COICA E STAND.EARTH HANNO scrutinato oltre 560 transazioni finanziarie collegate ad attività riguardanti l’estrazione di gas e petrolio nell’Amazzonia realizzate da più di 280 banche. La conclusione: nel caso dei cinque maggiori finanziatori di attività fossili della regione, oltre Il 71% del territorio amazzonico non è protetto in modo efficace. «Il nostro studio svela come funziona nella pratica il riciclaggio ecologico, che permette alle banche di continuare a finanziare con migliaia di milioni di dollari le imprese del petrolio e del gas nella regione e ritarda l’adozione di misure climatiche reali», ha dichiarato la ricercatrice di Stand.Earth Angeline Robertson.

SECONDO LA RICERCA, LE POLITICHE per la gestione dei rischi ambientali e sociali (Esrm, secondo l’acronimo inglese) impediscono di finanziare progetti fossili solo nei siti riconosciuti dall’Unesco o in aree ufficialmente protette. Ma buona parte della foresta amazzonica non rientra in queste categorie. Oltre all’impatto ambientale, il report sottolinea come le attività dell’industria fossile mettano a rischio le popolazioni indigene. In Ecuador, ad esempio, i lotti di terreno destinati all’estrazione di petrolio e gas si sovrappongono al 65% di quelli dei popoli originari. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente, dell’Acqua e della Transizione ecologica, fra il 2006 e il 2022 ci sono state circa 4.600 perdite di petrolio. 530 di queste sono avvenute in territorio indigeno.

NEGLI ULTIMI VENTI ANNI, quasi la metà dei finanziamenti diretti alle operazioni fossili in Amazzonia sono arrivati da sei banche: Citibank, JPMorgan Chase, Itaú Unibanco, Santander, Bank of America, e HSBC. Secondo Stand.earth, le statunitensi Citibank e JP Morgan Chase sono i principali sponsor, con un finanziamento che negli ultimi anni ha raggiunto rispettivamente 2,3 e 2,2 miliardi di dollari. Solo nel 2023, JP Morgan Chase aveva garantito circa 126 milioni di dollari a Eco Petrol e Gran Tierra per estrazioni nella foresta colombiana. Inoltre, la compagnia finanziaria si è ritirata a marzo dalla carta dei Principi dell’Ecuador, un accordo che definisce i parametri attraverso cui valutare i rischi ambientali e sociali dei progetti che richiedono finanziamenti.

IN RISPOSTA AL MANIFESTO, JP Morgan Chase ha ribadito che difende tutti i fondamentali diritti umani, inclusi i diritti dei popoli indigeni, in tutte le regioni del mondo in cui opera. Inoltre, la banca sostiene che sta scrutinando tutte le sue transazioni e i suoi clienti alla luce delle loro politiche ambientali e sociali, incluse quelle attività che finanziano genericamente una compagnia senza entrare nel merito di progetti specifici.

AD AGGIUDICARSI INVECE IL PRIMATO di maggior finanziatore per l’anno 2023 è Bank of America, che sottolinea però come le sue policy ambientali abbiano una voce specifica dedicata ai popoli indigeni. Per questa ragione, tutte le transazioni destinate a progetti in aree abitate o reclamate dai nativi sono sottoposte a procedure di controllo potenziate, fra cui la richiesta del loro consenso previo, libero e informato, dice la banca. Ciononostante, Stand.Earth sostiene che per la quasi totalità non è previsto un controllo obbligatorio. Citibank, invece, non avrebbe avuto finora sufficienti meccanismi per la prevenzione dei rischi. Solo il 2% del territorio amazzonico era infatti escluso da possibili investimenti nell’industria fossile, secondo Stand.Earth. Tanto che la banca non ha avuto problemi a finanziare per 125 milioni di dollari l’impresa Hunt Oil Perù, impegnata nel progetto di estrazione di gas Camisea, che ha violato i diritti dei popoli originari. Pochi giorni dopo l’uscita del report, Citibank ha però annunciato una nuova serie di politiche per la gestione dei rischi ambientali e sociali, impegnandosi a non finanziare più alcun progetto fossile in Amazzonia. Stand.Earth e Coica hanno accolto favorevolmente questi passi in avanti, anche se, sottolineano, le nuove politiche bloccherebbero solo il 18% del totale dei finanziamenti all’industria fossile nell’Amazzonia.

IL MAGGIORE FINANZIATORE EUROPEO delle industrie fossili è invece Santander, che tra il 2009 e il 2023 avrebbe garantito fondi per quasi un miliardo e mezzo. Fra le imprese scrutinate, la banca spagnola è quella con i criteri di esclusione più ampli, che coprono circa il 16% della Amazzonia. Ma Coica e Stand.Earth puntano comunque il dito contro il tipo di finanziamenti che elargisce, ovvero dei «buoni sindacati», che riducono la responsabilità delle banche in caso di conseguenze negative. Al manifesto, Santander ha fatto sapere che sono perfettamente coscienti dell’importanza dell’Amazzonia e che tutte le loro attività sono allineate con la regolamentazione ambientale della regione. Kuiru rimane comunque scettica. «Credo che molte volte i funzionari che lavorano nelle banche se ne stiano dietro alle loro scrivanie a New York e non abbiano la minima idea del fatto che quello che stanno finanziando crea problemi sul territorio».

DALL’ANALISI EMERGONO PERO’ NON SOLO note negative. Dal 2022, la britannica Hsbc si è infatti impegnata a interrompere qualunque finanziamento alle industrie fossili. Secondo Stand.Earth, nel 2023 non si è registrata alcuna transazione. Per questo, Fany Kuiru è convinta che sia fondamentale aprire canali di dialogo con le banche. «Non credo che i paesi amazzonici proibiranno l’estrazione dei combustibili fossili dall’Amazzonia per legge (come ha fatto la Colombia, ndr). Per questo è importanti che le imprese, che le banche, prendano coscienza delle conseguenze. Come società civile abbiamo la responsabilità di proteggere il nostro ambiente», conclude Kuiru.

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