Messico, la protesta irrompe fin dentro il Senato, ma la riforma della giustizia di Amlo va
Nuovo Potere Giudiziario Avanza la "democratizzazione" fortemente voluta dal presidente uscente. E la protesta non si placa: "Annulla la divisione dei poteri e mette a rischio i diritti umani". La rabbia dei lavoratori per i tagli in programma
Nuovo Potere Giudiziario Avanza la "democratizzazione" fortemente voluta dal presidente uscente. E la protesta non si placa: "Annulla la divisione dei poteri e mette a rischio i diritti umani". La rabbia dei lavoratori per i tagli in programma
Non è bastata l’irruzione al palazzo del Senato, la sospensione della seduta, il suo spostamento nella vecchia sede istituzionale e neppure le proteste di questi mesi e i tanti dubbi sollevati da diversi punti del dibattito politico.
La riforma de Potere Giudiziario in Messico, voluta fortemente dal presidente Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo), è passata con 86 voti favorevoli e 41 contrari. Una riforma che porterà all’elezione popolare di 1.600 incarichi governativi, compresi giudici, magistrati e Corte Suprema, che avrà una presidenza rinnovata ogni due anni e il cui mandato dipenderà dal numero di voti ottenuti.
La legge prevede che già nel 2025 si eleggeranno i membri della massima corte e metà dei giudici e dei magistrati distrettuali, mentre l’altra metà andrà eletta nel 2027. Ed è proprio la Corte Suprema il centro della riforma visto che è previsto il taglio del numero dei suoi rappresentanti, da 11 a 9, e la riduzione da 15 a 12 anni della durata del mandato. Agli stessi componenti della Corte dovrebbe poi essere tagliato lo stipendio, per evitare che la remunerazione possa superare quella del presidente della Repubblica.
Il lungo e teso dibattito al Senato è stato interrotto attorno alle cinque del pomeriggio, quando un gruppo di manifestanti, per di più composto da lavoratori e lavoratrici del settore, hanno fatto irruzione nella sede istituzionale. Sui manifestanti sono stati aperti gli estintori presenti in aula, ma questo non è bastato a fermarli. Dopo aver lasciato il Senato, si sono spostati per la città aprendo una gigantesca bandiera del Messico e continuando a gridare.
La proposta del presidente si è articolata attorno alla narrazione della “democratizzazione” del sistema giudiziario, potere che in Messico – come in tutto il mondo – invade sempre di più il campo della politica. Il dibattito è certamente complesso e oltre alle sue radici ideologiche deve tenere conto del fatto che in Messico la corruzione è sistemica e a volte si uccide, o si fa uccidere, per pochi pesos. Per questo l’11 luglio, sulle pagine de La Jornada Mario Patron, rettore dell’Università Iberoamericana di Puebla e ex direttore del Centro Prodh, scriveva: “Il Messico ha bisogno di una riforma del Potere Giudiziario, ma soprattutto ha urgente bisogno di una riforma del ‘sistema giustizia’, in una prospettiva globale, ma soprattutto con al centro lo Stato di diritto democratico”. Il centro dei Diritti Umani una volta presieduto da Patron, ha così commentato: “Il disegno di legge approvato annulla la divisione dei poteri e mette a rischio i diritti umani. Il cosiddetto ‘Piano C’ sta generando un’erosione democratica: carcerazione preventiva, militarizzazione, eliminazione degli organismi di tutela dei diritti, controllo politico della magistratura”, ribadendo quanto in molti avevano già detto in questi mesi, cioè che la riforma presidenziale romperebbe la logica dell’autonomia dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario.
La riforma del Potere Giudiziario fa parte di un pacchetto di una ventina di punti che Amlo malgrado gli sforzi non è riuscito a fare approvare fino ad ora. Ma dopo i risultati elettorali del 2 di luglio e le scelte di alcuni senatori d’opposizione nel voto sulla giustizia, potrebbe diventare realtà sotto la presidenza di Claudia Sheinbaum, che succederà a Lopez Obrador il 1 ottobre.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento