Internazionale

Venezuela, la destra richiama la piazza ma non funziona più

Gonzalez Urrutia il giorno del voto, foto ApGonzalez Urrutia il giorno del voto, foto Ap

America Latina Urrutia non si presenta in procura. Anche il Pc contro Maduro, ma per via istituzionale. «La sentenza del Tsj non basta, ma niente sanzioni": Brasile e Colombia ancora al lavoro

Pubblicato circa un mese faEdizione del 28 agosto 2024

Dopo il primo mandato di comparizione emesso dalla Procura del Venezuela per Edmundo González Urrutia, a cui il candidato presidenziale della Piattaforma unitaria non ha evidentemente risposto (nessuna comunicazione è arrivata al riguardo), la Procura lo ha nuovamente convocato ieri a testimoniare in relazione ai fatti per cui è indagato: usurpazione di funzioni, istigazione alla disobbedienza delle leggi, reati informatici, associazione a delinquere e falsificazione dei documenti, cioè dei verbali pubblicati sulla pagina web resultadosconvzla.com.

A poche ore dalla prima convocazione, González aveva in effetti espresso la sua diffidenza per la «mancanza di garanzie» rispetto alla sua sicurezza, tornando a insistere sulla necessità di una «verifica internazionale, indipendente e affidabile dei dati elettorali, che non può essere sostituita da una sentenza dettata al margine della Costituzione». E aveva annunciato la presentazione in tribunale degli esemplari dei verbali dello scrutinio in possesso dell’opposizione, chiedendo nuovamente a Maduro di fare altrettanto.

Chiedo una verifica internazionale affidabile dei dati elettorali, che non può essere sostituita da una sentenza dettata al margine della Costituzione Edmundo G. Urrutia

IL CANDIDATO della destra capeggiata da MaríaCorina Machado non si è presentato neanche a questa seconda convocazione. E quali passi abbia ora intenzione di muovere la Piattaforma unitaria non è chiaro. Se il governo di coalizione è da escludere e altrettanto improponibile è la ripetizione del processo elettorale – ipotesi respinta da entrambe le parti in gioco – la fallimentare e farsesca esperienza del governo parallelo di Juan Guaidó scoraggia vivamente un nuovo tentativo. Non a caso, González, pur considerandosi il presidente eletto, ha evitato accuratamente qualsiasi autoproclamazione in piazza. Inefficaci e anzi controproducenti si sono rivelate pure le sanzioni internazionali, che oltre a colpire indiscriminatamente la popolazione hanno fornito al governo l’alibi per portare avanti politiche, a cominciare da quelle salariali, contrarie agli interessi dei lavoratori.

RESTA LA MOBILITAZIONE di piazza (la Piattaforma ha convocato cortei anche per oggi) ma, dopo le massicce e spontanee proteste all’indomani delle elezioni del 28 luglio, le manifestazioni promosse dalla Piattaforma unitaria non sono state tali da mettere seriamente in difficoltà il governo, che sia stato per la paura della repressione o per la scarsa fiducia che ripone nell’estrema destra quella parte della popolazione che in passato aveva sostenuto Chávez.

E MENTRE NAUFRAGA il sogno, proprio della rivoluzione bolivariana, di una democrazia socialista – il cosiddetto socialismo del XXI secolo – in grado di andare oltre le regole della democrazia rappresentativa senza tuttavia calpestarle, quei settori che a quell’eredità si richiamano faticano a conquistarsi un proprio spazio tra la repressione del dissenso operata dal governo Maduro e la visibilità internazionale di cui gode la destra di Machado.

TANT’È CHE ALCUNI – come il Partito comunista – hanno deciso di raccogliersi attorno al candidato del partito Centrados Enrique Márquez, il quale appare determinato a contestare la vittoria di Maduro seguendo le vie istituzionali: prima chiedendo la ricusazione della presidente del Tribunale superiore di giustizia Caryslia Rodríguez per i suoi vincoli con il partito di Maduro – subito respinta dal Tsj – e poi presentando un ricorso alla Sala costituzionale della più alta corte venezuelana contro la sentenza di convalida dei risultati elettorali emessa dalla Sala elettorale della stessa corte. Ma, allo stesso tempo, Márquez ha anche annunciando il proprio impegno a favore della creazione di un movimento civico in difesa dell’articolo 5 della Costituzione, relativo alla sovranità popolare espressa mediante il suffragio.

SUL FRONTE internazionale, intanto, i governi di Brasile e Colombia hanno emesso un nuovo comunicato in cui «prendono atto» della sentenza del Tsj, ma insistendo sulla necessità di una «pubblicazione trasparente di dati disaggregati e verificabili» per garantire la «credibilità del processo elettorale», oltre a esprimere «totale opposizione» all’adozione di «sanzioni unilaterali come strumento di pressione» e a ribadire la propria «disponibilità a facilitare la comprensione» tra le parti.

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