Cariche, manganellate e idranti sotto i riflettori della 79esima Mostra del Cinema di Venezia. Un imponente cordone di polizia in assetto antisommossa ha impedito alle attiviste e agli attivisti del Climate Camp di raggiungere il Tappeto Rosso e portare la crisi climatica sotto le luci della ribalta.

Tre anni fa un nutrito gruppo di ambientalisti riuscì a occupare la passerella delle Stelle con un’azione alle prime luci del giorno e a resistere sino all’arrivo del corteo del Climate Camp. Nei due anni successivi, la pandemia impedì l’organizzazione del meeting ambientalista che è stato riproposto solo quest’anno, sempre al Lido di Venezia e sempre in concomitanza con la Mostra cinematografica. Cinque giorni densi di dibattiti e incontri, da mercoledì 7 a oggi, domenica 11 settembre, con personalità del calibro di Vandana Shiva, Andreas Malm e Mario Alberto Castillo Quintero dell’Asamblea de pueblos indigenas, organizzato da Rise Up 4 Climate Justice e Fridays For Future Venezia. Centinaia di partecipanti provenienti da tutta Italia e anche da Paesi Europei.

Ieri pomeriggio, era la giornata della Climate March: un corteo colorato e chiassoso che si è ritrovato partito alle 17 dal centrale piazzale Santa Maria Elisabetta: in testa una grande sfera verde e azzurra a simboleggiare il nostro pianeta, l’unico che abbiamo a disposizione, e tante bandiere al vento: da quelle dei Fridays For Future a quelle dei No Navi che a Venezia non mancano mai, sino agli striscioni dei comitati contro l’inceneritore di Fusina.

Il corteo si è mosso pacificamente al ritmo dei tamburi suonati dagli attivisti fiorentini del collettivo di fabbrica Gkn. Clima, diritti, lavoro: sono tutti aspetti della medesima lotta contro un sistema economico fallimentare. «Non è la crisi del clima ma la crisi di un sistema colonialista che ha mercificato la terra e i beni comuni in nome dell’interesse di pochi – dice Mario Alberto Castillo Quintero -. Non è la crisi del clima ma la crisi di una politica che non riesce più a governare i cambiamenti e a costruire una valida alternativa a potere della finanza mondiale». Gli unici partiti ad aver aderito alla manifestazione sono stati Alleanza Verdi Sinistra e Unione popolare le cui bandiere sventolavano in fondo al corteo.

«Uno scenario davvero desolante questa campagna elettorale alla quale abbiamo la sventura di assistere – dice al microfono un’attivista napoletana della Terra dei Fuochi -. In piena crisi climatica ci tocca sentire politici che parlano di rigassificatori come di una scelta compatibile con l’ambiente». «Tre anni fa, quando abbiamo occupato il tappeto rosso – racconta Sebastiano dei Fridays For Future di Venezia – c’era ancora qualcuno che negava l’evidenza scientifica dei cambiamenti climatici. Oggi queste stesse persone hanno adottato una tecnica diversa: far passare le peggiori scelte per il clima come ecosostenibili.

Un greenwashing che sta cercando di far passare anche il nucleare come una soluzione ecologica. Questo è quanto volevano denunciare portando la questione della giustizia climatica sotto i riflettori delle mostra del cinema. Le cariche della polizia ce lo hanno impedito ma non possono impedirci di continuare a lottare: ricordiamo a tutte e tutti lo sciopero mondiale per il clima che i Fridays For Future hanno proclamato per il prossimo 23 settembre. È una lotta alla quale non possiamo rinunciare perché non abbiamo possibilità di scelta. Non abbiamo un pianeta B».

A pochi metri dal Tappeto Rosso, il corteo è stato fermato dal cordone di polizia. Inutile ogni tentativo di mediazione. Non è stato permesso neppure a una piccola delegazione di avvicinarsi all’entrata della Mostra del Cinema e l’unica risposta delle forze dell’ordine sono state le cariche e gli idranti. Ironia della sorte, l’acqua ad alta pressione delle pompe ha staccato da un muro la locandina del film di Paolo Virzì che si intitola Siccità.