I repubblicani statunitensi non cambiano idea e bloccano di nuovo l’approvazione dei finanziamenti straordinari per l’Ucraina e gli alleati. Con 51 voti a favore e 49 contrari la maggioranza democratica non ha raggiunto il quorum dei 60 consensi necessari per far passare la misura chiesta dal presidente Biden.

SI TRATTA di ben 106 miliardi di dollari, di cui almeno 61 andranno all’Ucraina e 14 a Israele. Ma Tel Aviv non è un problema, i repubblicani sono schierati compattamente per il sostegno al governo di Netanyahu. Il vero pomo della discordia è l’ennesima tranche di aiuti economici a Kiev che, almeno ufficialmente, i repubblicani hanno intenzione di usare come “prova” del disinteresse dell’attuale presidente verso i propri concittadini. In realtà l’alzata di scudi dei conservatori è il chiaro segnale che la campagna elettorale è iniziata e che gli slogan saranno quelli di Trump. A poco sono servite le dichiarazioni accorate di Joe Biden che aveva invitato il Congresso a non permettere al Cremlino di prendersi l’Ucraina. Neanche lo spettro terribile dei soldati Usa direttamente impegnati nel Vecchio continente in una guerra aperta contro Vladimir Putin è servito. I repubblicani hanno continuato a fare ostruzionismo, aiutati anche del senatore democratico Bernie Sanders, contrario all’invio di armi a Zelensky ma soprattutto a inviare soldi a Israele mentre bombarda Gaza.

Per Washington si tratta di una decisione scellerata. Il rafforzamento dei controlli alla frontiera con il Messico, su cui tanto insiste la destra, secondo l’attuale presidente è una «priorità bipartisan», così come gli aiuti a Israele e in ultima analisi anche quelli all’Ucraina. Tali priorità, in quanto trasversali, meritano un sostegno bipartisan». Ma al momento il presidente sembra essere l’unico a pensarla così.

CHI IN QUESTE ORE gongola è il Cremlino. Il portavoce del presidente Putin, Dmitry Peskov, ieri ha dichiarato che il suo governo «spera» che il Congresso americano continui a bloccare i nuovi finanziamenti all’Ucraina fino a far arenare la legge straordinaria. Dall’altro lato del fronte la tensione resta altissima. Nonostante Oleksii Danilov, il capo del Consiglio nazionale di sicurezza ucraino, abbia scritto su Twitter che sono necessarie «calma e fermezza. Indipendentemente da chi, dove e come hanno votato in qualsiasi Paese del mondo» e che «non smetteremo di difenderci, non rinunceremo a un solo pezzo della nostra terra e non perdoneremo per nessuno ucciso o ferito».

LA PAURA del collasso economico aleggia sulla Verkhovna Rada, il parlamento ucraino, a valle delle bellissime colline kievite dove si trovano il monastero di San Michele dalle cupole dorate e la Cattedrale di Santa Sofia. Fuori a quest’ultima ieri è stato acceso un albero di Natale. Come nelle grandi capitali occidentali del mondo. Il segnale che il governo vuole dare non è solo di speranza e vaga normalità, ma soprattutto di avvicinamento al mondo occidentale. L’allineamento del calendario liturgico ortodosso a quello gregoriano voluto dal presidente Zelensky fa sì che quest’anno per la prima volta il Natale in Ucraina si festeggi il 25 dicembre, mentre in Russia sarà il 7 gennaio. Siamo tutti europei, tutti cristiani, tutti democratici odiatori di Putin continua a sostenere il presidente ucraino. Peccato che anche in Europa non siano tutti d’accordo.

IL PRESIDENTE ungherese Orban ha dichiarato che non solo non vuole l’Ucraina nell’Ue, ma che non è neanche favorevole a inserire la decisione in agenda. Ieri il premier spagnolo Pedro Sanchez, presidente di turno dell’Ue, ha chiamato Orban per tentare una mediazione. «L’allargamento è un investimento nella pace, nella sicurezza, nella stabilità e nella prosperità per l’Europa» ha scritto su Twitter Sanchez, aggiungendo anche che «la Spagna farà tutto il possibile per raggiungere il consenso tra i 27 e mantenere il sostegno finanziario e militare all’Ucraina». Del resto, «le difficoltà di cui tutti parlano sono le difficoltà insite nelle decisioni davvero importanti», sostiene il Direttore generale per la politica di vicinato e i negoziati di allargamento dell’Ue, Gert Jan Koopman. Oggi, si riunirà l’Ecofin e discuterà proprio della situazione economica ucraina. «Penso che sia importante prendere una decisione sui finanziamenti» ha dichiarato il vice-presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, «perché è tardi, siamo già a dicembre».