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Usa, blocco sventato. Ma resta il ricatto dell’estrema destra

Usa, blocco sventato. Ma resta il ricatto  dell’estrema destra

Stati uniti Il rischio shutdown viene rimandato a novembre. A fare le spese dell’accordo i finanziamenti destinati a Kiev dall’amministrazione

Pubblicato circa un anno faEdizione del 1 ottobre 2023
Luca CeladaLOS ANGELES

Con poco più di nove ore rimanenti al limite ultimo che avrebbe provocato la cessazione di molte funzioni governative, la Camera Usa ha approvato in extremis una proroga di 45 giorni degli stanziamenti necessarii alle operazioni dello stato. La votazione è giunta al termine di una concitata giornata parlamentare in cui il braccio di ferro ha portato Washington sul ciglio del baratro, prima di adottare una toppa che rimanderebbe per ora uno scontro che rimane inevitabile. Al momento di scrivere il decreto veniva sottoposto al Senato che avrebbe dovuto ratificare d’urgenza per renderlo esecutivo.

IL COMPROMESSO è stato raggiunto grazie ai voti dei democratici che hanno sostenuto la presidenza Gop della Camera ed i repubblicani moderati. Vi sono stati 91 voti contrari di repubblicani che insistevano per una stretta di vite all’immigrazione e forti tagli a tasse e spesa pubblica.
Al centro del contenzioso si è alla fine venuta a trovare la questione del sostegno militare all’Ucraina. Dalla proroga repubblicana è stata infatti stornata l’ultima tranche di 6 miliardi di dollari di aiuti chiesta da Biden per le operazioni belliche di Kiev. A questi sono ancora favorevoli più della metà del partito repubblicano e la grande maggioranza di democratici che ripromettono ora di approvarli in separata sede. Sulla questione, la frattura interna al Gop si sta tuttavia facendo più marcata ed il sostegno militare al governo di Zelensky promette di essere sempre più a rischio ed al centro anche della campagna elettorale.

NON È LA PRIMA volta che la minaccia di uno shutdown viene impiegata come arma di ricatto per imporre programmi politici. Si tratta si uno strumento divenuto più frequente a partire dagli anni 90. Nel 2018 anche i democratici hanno bloccato alcuni stanziamenti per ostacolare il finanziamento del muro di confine di Trump. Ma la tattica è un brevetto Gop che l’ha utilizzata inizialmente contro Clinton nel 95 e 96 e poi, nel 2013, nel tentativo di fermare la riforma sanitaria di Obama. Una tattica simile è stata applicata al tetto del debito la necessaria approvazione dell’entità del debito pubblico ripetutamente tenuta ostaggio dai conservatori, l’ultima volta lo scorso maggio.

In quell’occasione un accordo sui futuri stanziamenti era stato negoziato da Biden con il presidente della camera Kevin McCarthy. Lo speaker è però lui stesso ostaggio della corrente di trumpisti irriducibili del proprio partito. Questi ultimi avevano sostenuto l’elezione di McCarthy solo in cambio di molte concessioni, fra cui la facoltà di indire un voto di sfiducia nei suoi confronti in qualunque momento, anche per iniziativa di un singolo parlamentare. Gli oltranzisti di destra hanno poi rinnegato il compromesso, definendo «insufficienti» le concessioni di Biden.
In questo caso la loro azione kamikaze è stata impiegata contro la stessa maggioranza del partito repubblicano che controlla (per appena una dozzina di voti) la Camera, il ramo del parlamento incaricato di finanziare la spesa. L’esiguo margine dà all’ala intransigente un effettivo diritto di veto.

PER LEGGE la Camera è tenuta ad approvare i bilanci di 12 dicasteri prima dell’inizio dell’anno fiscale, ogni primo ottobre. La procedura comprende fra gli altri i ministeri del commercio, energia, agricoltura, finanza e interni, oltre che una parte della spesa militare. Se gli stanziamenti non vengono formalmente ratificati le operazioni cessano o continuano come essenziali, ma gli impiegati statali – militari compresi – non vengono pagati fino alla risoluzione del blocco. Fra questi ci sono anche i controllori di volo e personale necessario ad operare i parchi nazionali.
Sullo sfondo della crisi, un Donald Trump in modalità elettorale che soffia sul fuoco, esigendo intransigenza dai suoi pretoriani nel Congresso, come rappresaglia in particolare contro il ministero di giustizia che lo avrebbe «preso di mira per conto di Biden». L’ultimo sintomo dunque di una disfunzione ideologica che espone la nazione a successive crisi costituzionali.
Quella del bilancio operativo è destinata ora a ripresentarsi a metà novembre.

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